IO» gola di S. Benedetto. Fino dalPottobre di qaell’anno aveva il vescovo decretato-che la badessa Trevisan e le successive dovessero presentare annualmente al sum-raentovato Filippo Salamon benefattore e procuratore del luogo, o a’ di lui eredi una Rosa formata di seta, e che foss’egli, o i di lui eredi, richiesto, del suo onesto assenso nella elezione della badessa; e ciò in risarcimento del dritto d’instituire la priora dell’ospitale che gli era fin dal principio stato accordato. Ciò nonostante pretendendo esso Salamon di avere un diritto di patronato sul monastero mosse quistione, nella quale però rimase soccombente con sentenza dei vicarii generali di Venezia, e di Grado degli anni i33i, e i33g, in forza di cui le monache furono assolte da ogni soggezione di juspatronato verso il Salamon, fermo peraltro* l’annuo dono della Rosa, e l'assenso nella elezione delle badesse. (1) Intorno a questi tempi il monastero cominciossi a chiamare non più cortitoli di S. Àndrea e di S. Marta, ma col solo di Santa Marta« Frattanto la chiesa minacciante ruina fu negli anni i4Ì6-i££8 da’fondamenti rifabbricata, ed ampliata. Vedesi infatti nelle carte del monastero da me esaminate che fino dal 12 ottobre il Maggior Consiglio concedeva airabbadessa e monache di S» Marta, per allargare il monastero, di poter atterrare ed estendersi in palude verso levante e verso austro passi dodici. Del i45i a’4 di maggio i giudici del Piovego' Zaccaria Sagredo, Andrea da Molin, e Andrea Querini concedevano a Vettore q. Pietro Duodo, faciente pel monastero di S.. Marta,, licenza di atterrare il paludò per passi sei in lunghezza, e passi tre in quattro in larghezza all’oggetto di ampliare il monastero. (Vedi anche nelle note all’inscrizione i4)* Ma quanto ad artefici che v’abbian lavorato non trovai che la memoria dell 'Accordo fatto nel i5 settembre dalli Procuratori del monastero di S. Marta con mistro Piero dall'Oglio marangon per Jabricare il colmo della detta chiesa a similitudine di quello di Santa Maria della Caritade. Pochi anni appresso tornarono i preti di S* Nicolò a molestare il monastero domandando che le donne di quello fossero obbligate a ricevere gli ecclesiastici Sacramenti dalla chiesa di S-Nicolò; ma una sentenza del 1467 emanata da Antonio Saracco arcidiacono di Castello e vicario (1) I Salamoili anche posteriormente accamparono diritti di juspatronato; e vi è fralle carte del monastero una bella Informaaione stesa da un legale, di cui s’ ignora il nome, nello scorso ultimo secolo, di cui un pezzo è il seguente: Se Filippo Salamoili che fu il primo che pretese gius ih S. Marta ebbe due sentenze contrarie e che gli circoscrissero soltanto il diritto di un’annua Rosa di seta e il prestare l'assenso alle elette nuove badesse, come mai i di lui successori dopo quattro e più secoli potranno mettere in campo non solo le stesse opinioni di onorevole patronato, ma forse dilatarlo oltre i confini ancora del gius comune dei patronati ? Dopo un secolo, alle dette sentenze, e dopo un secolo olla prima erezione della chiesa e monastero di S. Marta, nel 14/i 6 si fece la erezion della nuova chiesi e monastero, ed allora se gli eredi Salamoili non concorsero alle spese della nuova erezionej come potevano seguitar a godere il preteso diritto sopra fabbriche che non esistevano più ? perchè la fonda* tru.e aveva ben gius sulle antiche fabbriche da essa erette3 ma non già sulle posteriori in cui non eh" be ella parte.