ALLA CHIESA DI S. ANTONIO ABATE. ( cioè di Giorgio Szakamnrio); e la stesso Re nell’aprile 1512 aveva ordinato al Balbi di comunicare al Pasqualigo varie notizie relative alla Croazia e a quel Bannato, e alla eredità di Botandrcas. Del qual Balbi vedi il padre degli Agostini nel Tomo II delle Notizie gli Scrittori Veneziani. Ma uno de’maggiori nemici della Signoria Veneta era Lodovico Eliano ambasciador francese in Ungheria. Costui nell’ udienza ch’ebbe dal Re Ladislao recitò nel 23 giugno 1510 una latina orazione, molto lunga, nella quale disse che la Signoria aveva mancato di fede al Ile di Francia, perchè nella guerra ch’ebbe tre anni addietro aveva promesso di dividere per metà col Re di Francia quanto avrebbe acquistato dello stato del Re dei Romani, e tuttavia non lo fece, Ina acquistate quelle terre le spogliò e saccheggiò facendo venir fino le (emine a Venezia per scrvirse di esse a suo piacer; che dappoi conchiuse tregua col Re de’ Romani (insciente anzi contrario il Re di Francia) contro i palli e le condizioni che aveva con lui ; che presto il Re de’ Romani avrebbe posto l’assedio alla città di Venezia, che indubita» tornente la liberaria de Tgrannide facendo ritornar Venetiani a pesca)' et a tcxer secondo il loro antiquo costume. Esortava il Re d’ Ungheria ad entrar in lega co’ principi collegati suoi consanguinei e fratelli e far l’impresa de la sua dalmatia tanto longa-mente cum diversi ingegni et fraudo usurpata et tenuta da Venetiani ec. ec. e tutto ciò con molla collera chiamando Venetiani bestie,. feres et coliuvies hominum cosicché il maestro di casa del re ( Moisè . . . . ) si levò in presenza di tutti e disse : iVodestius agatis, domine orator, e lo stesso dissero gli Oratori germanici ch'eran sieduti appresso di lui. Il Re d’Ungheria panando di co-testo Eliano col Pasqualigo, lo chiamava un pazzo ( domine Orator, noti curetis Orato-rem gallum quia est futuus ). Nè soltanto quel Discorso tenne contra i Veneziani che a’2 del luglio successivo 1510, nel chiostro de’ frali di S. Francesco in Tatha, alla presenza de’ prelati e Baroni e del popolo lesse un’ altra Orazione, che durò poco men di due ore, con tanta insolenza e rabbia, che venne in fastidio a tutti, ripetendo il male peggiore dello Slato Veneto, e chiamando i Veneziani tgranni, mancatori de 519 fede, sot'didi mercadanli, sgcopliante, vulpc-cule, assaltatori, accusandoli di aver contra la fede e promessa fatta al Re di Francia, usurpato Cremona e Geradadda ; usurpato al Re de’ Romani le terre dell’ imperio, o del papa ;. ed essendo derelitti da tutti i Cristiani aver chiamato i Turchi, dicendo : flectere si nequeo Stiperos Aeheronta move-bo. E discendendo a parlare della Dalmazia, esortava il popolo Ungherese a torne 1’ impresa, promettendogli per mare trentaquattro galea, cioè sedici del duca di Ferrara prese nello scorso inverno, sei del pontefice, sei del Re di Francia, sei del Re di Spagna, e se tutte queste non bastassero ne manderebbe delTaltre e, al bisogno,, verrebbero in persona ad ajutar la impresa il Re di Francia, quello di Spagna, e il Papa ; contando ( dopo acquistata la Dalmazia ) anche sull’ ajulo de’ Ragusei ( clic sono pur suoi ) che somministrerebbero per tal line sessanta e più navi ben armate et su questo utile et conservar de dalmatia disse tante et laute zanze che non le compiria de scriver in do fogli de carta. 11 Pasqualigo nello stesso giorno 2 luglio in una sua< latina Orazione detta alla presenza di quegli stessi prelati e Baroni confutò quatto aveva esposto 1’ Orator francese, ripetendo che il Veneto Senato non usurpò Cremona e Geradadda, ma 1’ aveva avuta dal medesimo Re di Francia per capitolazione fatta quando fece alleanza con lui contra il duca di Milano, nè aveva usurpato altrimenti le terre del patrimonio di S. M. Cesarea, ma lolle con giusta guerra ; che quanto 1: Orator francese diceva delle galee era tutto falso, perchè il Pontefice non solamente non darebbe a’ francesi le sei galee, ma , al caso, si mostrerebbe loro contrario favoreggiando piuttosto le parti de’ Veneziani avendo tolta sotto la sua protezione la Repubblica. Il duca di Ferrara non solo non potrebbe armare le sedici galee ( che ne anche son a un gran pezzo tante ) ma avrebbe che far assai per conservare lo stato suo ; e compiva piegando il Re d’ Ungheria a non confederarsi colla lega contro i Veneziani, e a mantenere e conservare la mutua benevolenza e alleanza nostra agli Ungheresi più utile e necessaria, che quella di tutti gli altri principi. — Nè solamente il francese, ma eziandio tre Oratori Cesarei che nel 7. settembre 1511