SANTA TERNITA. ca de’Veneziani, 1783. Vai li, dopo ¡1 Forma-leoni , ricordarono l’opera del Bianco, e fra questi ¡1 Morelli stesso nella Lettera rarissima di Cristoforo Colombo pubblicata per la prima volta in Bassano ndl’anno 1800, e ristampata a pag. 243 del tomo I. delle Operette Morel-liane pag. 290. Il Cardinale Placido Zurla a pag. 331 del secondo voi. de’Viaggi di Marco Polo e d’altri {Venezia, 1819, in 4-°) oc_ cupossi a lungo anch’egli sull’Opera del Bianco, analizzando tutte le dieci carte, o tavole, notando eziandio gli abbagli presi dal Forma-leòni, alle cui non sempre mature asserzioni fecero troppo eco gli oltramontani ; e conchiudendo potersi facilmente scorgere e lo studio antecipato de’Veneziani anche su Tolomeo, e la preziosità della mappa del Bianco che può dirsi veracemente la prima ossia la piìi antica che oggidì si conosca di quelle già lavorale da Agatodemone .... Ultimamente fece menzione del Bianco anche l’illustre Angelo Pezzana nelle Notizie intorno a Vincenzo Antonio For-maleoni inserite nel Progresso delle Scienze Lettere ed Arti. Voi. IX. anno III. pag. 33. (Napoli, i834, 8-°). III. Antonio Bianchi. È prezzo dell’opera di ampliare l’articolo che ne stese il Mazzuchelli (li. 1131 ). Antonio Bianchi (non Bianco) Veneziano, servitore di gondola, sebbene non siasi mai applicato con metodo agli studi della Leila letteratura, nè alla grammatica, nè alla prosodia, uè a quanto è necessario alla cultura di un ingegno poetico, pure approfittando della naturale inclinazione, giunse a scrivere poemi, poesie di vario genere ed altro, in modo da recar meraviglia a’leggitori. Ecco quanto ricavasi de’suoi primi studi e lavori dalle varie opere pubblicate. Suo padre visto nel figliuolo un genio alla poesia, gli fece insegnare a leggere e a scrivere, ma morì quando Antonio aveva anni nove di età ; il perchè convenne al giovanetto procacciarsi il pane colle fatiche servili. Acconciossi come barcajuolo, o gondoliere nella casa nobilissima de’Grimani a S. Paolo, e servì Pietro cavaliere e procuratore indi Doge (1741-1752), e poscia la nob. Donna Francesca Giustinian Grimani. Tutti i momenti che gli sopravvanzavano dal suo servigio, li occupava nella lettura de1 classici poeti; e non aveva compiuto ancora l’anno tredicesimo che tutto dal primo verso sino all’ultimo sapeva recitare a memoria il poema della Gerusalemme Liberata. Da questo apprese molti documenti di buona morale ; per esso si è maggiormente invaghito della poesia e della buona lingua e finalmente con esso si è fatto scala ad altre nozioni che.tanto lo innamorarono negli studi. Il Bianchi giunse anche a commentarlo, e ne fece un non tenue volume che manuscritto serbava. Non tralasciò per altro di gustare gli altri poemi, come l’Iliade e l’Odissea d’Omero della traduzione del Salvini, l’Eneide Virgiliana del Caro, l’Italia Liberata del Trissino, la Croce Conquistata del Bracciolini, il Conquisto di Granata del Oraziani, la Babilonia Distrutta di Scipione Enrico, ed altri. Nè otnmise di conoscere i poemi romanzeschi, come il Furioso dell’Ariosto, 1’ Amadigi di Bernardo Tasso, 1’ Orlando innamorato del Berni, il Morgantc Maggiore del Pulci. Studiò poscia di Commentatori del poema di Torquato Tasso, come Scipione Gentili, Giusto Guastavini, Paolo Beni, Paolo Vajenti, D- P-ietno Carabà, Paolo Abriani ; lesse eziandio la Storia dell’Arcivescovo di Tiro ec. ec. Ricco di ■queste nozioni, trovandosi un giorno a pranzo nella Villa di Malcontenta allorché serviva come gondoliere nel serenissimo Doga-do Grimani fu da’ compagni eccitato a scrivere qualche frottola in lingua rustica Veneziana ; e a corso di penna fece centotlave rime, le quali anche si stamparono sotto il titolo di Malcontenta, unitamente a due sonetti del dotto prete Veneziano Antonio Menessali, di cui diremo in seguito. Poco prima, cioè del 1781 nella stamperia di Girolamo Marconi, aveva fatto imprimere quaranta ottave sulla morte del Gigaute Golia, le quali piaciute a Giovanni Montini cameriere del Doge, il Montini ed altri eccitarono il Bianchi a scrivere un poema sulla Vita di Davidde. Quindi è che presa a studiare la storia di Giuseppe Flavio, quella del Calmet, il Genesi di Don Ferdinando Cal-dari, richiamato primamente alla memoria il Goffredo del Tasso pose mano al lavoro. E avealo compiuto, quando vennegli alle mani il Davide Re poema del Cavalier Giovanni Albani, e scoraggiossi, ma visto poi ch’era altra cosa, aderì allo stimolo degli amici, promosse una società ( che direbbesi più comunemente associazione) e pubblicollo la prima volta uel ij5i. Nè si restrinse a questo solo poema, perchè nel 17S3 ne diede fuori un altro intitolato il Tempio di Salomone, da taluno creduto superiore in merito al Davide, e molte altre opere, di cui tesseremo qui sotto il ca*