ALLA CHIESA DI S. ANDREA DELLA CERTOSA, ch’io pur possiedo), al registro G. 4. altro non ha che Nicòluus Crucirjer Fatai)* E può essere che Cruciger sia l’Ordine^ 11011 il cognome. Frattanto è bene l’averlo notato a lume degli scrittori delle cose Patavine. Voi. IL p. 88. num. I e II. colonna prìmat L’ Orazione di Zaccaria Trevisan citata come medita del p. Giovanni degli Agostini, tu stampata nel 1761 a pag. 537 del Tiara et Purpura Venutay ma con molli errori i quali potrebbero ammendarsi sopra un codice miscellaneo del secolo XV e XVII che era de’ Contarmi, ed ora nella Marciana, già esaminato dal Cav. Morelli. In quel Codice è pure T altra Orazione del Travisali e confermasi esserti stata delta ad Dominimi Avenionensem cioè a Pietro de Luna a non-nullis appallatimi Benediclum XIII, non già ad daminum Ariminensem. Voi. IL p. 98. In una Miscellanea a penna del secolo XVI» contenente llime di diversi (Tomo 53. num- 5. era de’ Coniar ini a’ Ss. Gervasio e Prota-sio ed oggi della Marciana) ricordandosi 1’ Isola di S. Andrea della Certosa leggesi : In cella Domini Ilieivuymi Raijnerii monaci : CELASI HANC QVI INGREBITVR SOSPES D1V 1NGREDIATVR, ET QVI IVSTVS IV1T SANCTIOR INDE REDET . ( altrove ) ; Ad Carthusiam in celula dni Hieronymi Renerio Veneti: C01IIÌD1MVS ET VIVAMVS ET NON VIVIMVS VT COVIEDAMVS. (altrove): LA-V AMI NI ET MVNDI ESTOTE. (Ivi sopra la porta di un converso): ASPICE QV\H CE» LE RI LVBVNTVR TEMPORA CVRSV ec. ragionando sulla prestezza con cui viene la morte. ALLA CHIESA DI S. ANTONIO ABATE.. Voi. I. p. 162. ove di Pietro Pasqualigo. Se sono perduti, come dissi, i Dispacci al Senato scritti dal Pasqualigo come Amba-sciadore in Portogallo al tempo della scoperta del Nuovo Mondo,, non subirono per altro la stessa cattiva sorte quelli che scrisse come Ambasciadore a Ladislao Re di Ungheria — In fatti ho per le mani un Codice cartaceo in fol. piccolo del principio del secolo XVI, di carte non numerale 297, con- tenente : Dispazzi di /‘ietro Pasqualigo ambascialo)' per la Repubblica di Venezia a Ladislao Re di Ungheria e di Boemia. II primo Dispaccio è da Pi.rano a' 18 ottobre 1509; l’ultimo è da Segna 9 agosto 1512. Comincia : Serenissime priuceps et excellme domine, domine colendole. Venere de nocle che lo a’ XII. del instante insieme cum questo nuncio del Conte Zuanne de Corbavia se parlissemo de lì ... . Finisce : Segniae die VI1IJ augusti DJDXII. 1\ P.D. et eques ora lo r etc. (a tergo) Magnifici« et exmis do-minis capitibus excelsi Consilii X. dominis observundissimis. E da ultimo vi è il nome-dei copiatore: Nicolaus Cavatius Secretarmi scripsit. Sono tutti in lingua italiana,, con varie lettere e documenti di altri in linguai latina. Questo Codice, chrè forse P unico che si conosca, contenente i Dispacci del Pasqualigo, de’ quali alcuni estratti già trovansi a penna negli inediti Diarii di Marino Sanut-o ( Voi. IX. XII. XIV. ec. ) è assai interessante per le notizie delle cose di Ungheria, delle Turchesche, della guerra mossa in Italia contro la Repubblica da’principi confederati, e anche per li documenti inseriti fra Dispacci. Lunga fatica sarebbe il darne un minuto ragguaglio ; nondimeno segnerò alcuni passi, e indicherò in fine le lettere altrui, e i documenti più interessanti.. Procurò fin da principio il Pasqualigo di togliere la sinistra opinione che i signori Ungheresi avevano della Veneta Signoria , perchè pareva loro che dopo la pace conclusa col Turco, avesse la Signoria, mostralo di far poco conto de* fatti loro ; perchè da quel tempo in poi (a. 1509) teneva appo il Re un suo segretario e non mai alcun ambasciatore; perchè seguita la pace, la Signoria non aveva integralmente pagato quanto era obbligala ,. nonostante che non fosse in guerra alcuna;, e perchè in lauto suo bisogno non aveva mai richiesto l’aiuto dell'Ungheria, come se non ne facesse stima. Il Pasqualigo assicurava que’ Signori della grande estimazione della Repubblica verso loro : che se non aveva spedito ambasciadore, ma solo un segretario fu perchè da allora in poi non era occorsa cosa d’importanza da trattale con Sua Maestà come per lo stesso rispetto la Maestà Sua non avea tenuto fermo in Venezia alcun Oratore; che se non soddisfo in-