S. MARIA DELLE VERGISI. partecipato aver esso Querini abbandonati gli studii de1 gentili ed essersi dedicato alle lezioni divine ; mira. 42, dell’ ultimo novembre 1511 ; num. 43, 19 dicembre 15i 1, nini», tyj-51-52-54-59-60-71-75-82-85-89-94-95, tutte del i5i2, lib. XI, num. 5-i5-i6-i7-94, sono del i5i4. Il P- Giovanni Mabillon nell’Iter Italicum stampò una lettera inedita del Delfino al nostro Querini (t. I, pag. i58,) che era andato a Firenze. Kel tomo III, dell^Amplissima collectiovélerum scrìplorum et monumen-torum, opera de’ I*P. Martene e Durand vi sono 242 epistole di Pietro Delfino non per l’addietro stampate, e fra queste ne sono tre dirette al nostro Vincenzo Querini (Vetro Quirino Eremitae) segnate alli numeri 228, pag. ii75-23i, pag. 1117-382, pag. 1177. Colla prima in data 21 marzo i5i2, il Delfino chiede al Querini la spiegazione di un certo passo del libro di Job. Colla seconda in data 3 lu- glio i5i2, parlando delle costituzioni spettanti all’eremo osserva che bisogna appoggiarne la scelta a tre de’più periti religiosi dell’Ordine. La terza s’occupa dello «tesso argomento. Il Querini poi è ricordato dal Delfino in altre fra quelle lettere, come nella lettera diretta ad Eusebio Prioli del iai4, 4 agosto ove narra le macchinazioni ordite da’ nemici contro lui Delfino, e in quella a Paolo Giustiniani num. 22 5, del 29 settembre idi 1 ove gli partecipa ch’egli andava esortando il Querini a star saldo nella conversione. Luca Spagnolo ( Storia Romualdina. Venezia, i5go, pag. 3a~4i,) ed altri scrittori dell’Ordine fra’quali il Castagnizza nella vita di S. Romualdo, cap. 27, pag. 327-829 ; il Bucellino, il Fortunio, lib. Ili, cap. io; il Fiori nella vita del B. Paolo Giustiniani , pag. 17-37-62-63-66-67-88-432-433-437; il Mini ; il Grandi, ec. ec., e principalmente il L’alta bellezza e le virtù perfette Che in voi siccome proprio albergo pose Natura da quel dì che si dispose Farvi sopra de l'altre al mondo elette Hanno sì le mie voglie in se ristrette Soavemente che le salde ascose Catene apprezzo e tanto men no]ose Esser le sento a me quanto più strette, Nè fu di libertà giammai più lieto Afflitto prigionier quanto son io Di questi novi miei dolci legami. K ripensando come il servir mio Non v’ è nojoso, un tal piacer ne mieto Che fa eh’ io sprezzi oga’altra, e voi sol ami. 3. Talor nell’apparir d’un vivo raggio (1) Tania dolcezza dentro ’1 cor mio sente Ch’io dico: or ecco giunto veramente Il dolce fin del lungo mio viaggio. Or fia quel dì eli’ il volto umile e saggio Ari pietà della mia fiamma ardente Se non m’inganna ciò che chiaramente Ne la serena fronte ora letto aggio (2) Poi non so come al girar de’ bei lumi Veggiolo in ver di me cangialo, quale Sovente ’1 sol s’oscura, nube il cuopre. (3) Così convien ch’io m’arda, e mi consumi La réia dolce nemica, cui non cale Di me, nè so con lei qual alle adopr*. (rj) (1) Al. Del vivo. (2) Al. Veduto aggio. (3) Al. Nebbia. (4) Al. Arme.