S. MART A. Kon v’è poi alcun dubbio che del i536 egli sto ni passe fra di noi ; ed è notissima la Commedia di Dante colla sposizione di Cristoforo Landino, in 4>to, sul cui frontispicio si legge: In Vinegia mdxxxvi ad instantia di M. Giovanni Gioiitto da Trino, e in fine : In Vaneggia per Al. Bernardino Stagnino mdxxxvi. Dalla quale aggiunta si può dedurre ragionevolmente che non avendo ancora Giovanni arricchita la suà officina di tutti i caratteri ne* cessarli abbia voluto servirsi di quelli di un suo compatriota e forse parente. E non è già questa la sola edizione fatta dai Gioliti coi caratteri dello Stagnino; imperciocché v’é anche il Decamerone impresso a Venezia a spese di Gabriel Giolito de’Ferrari nell 54» caracteribus domini Bernardini Stagnini sibi accomodatiir in i6.mo g piuttosto 3a.mo, che sta nella mia collezione di edizioni del decamerone di M. Giovanni Boccaccio. Anche dei caratteri d’altri stampatori usavano i »Gioliti in Venezia, come nelP edizione sopraindicata i538 del Petrarca con l’esposizione del Vellutello in fine del quale si legge: In Vinegia per Bartolomeo Zanetti t, asterza gente ad instantia di mes ser Alessandro Vellutello e di m esser Giovanni Gioiitto ■da Trino, 4-to} e nella stampa de! Boccaccio col Brucioli dell’ anno stesso »538, che fu e-seguita dal Zanetti da Brescia ad instanza di ■Giovanni Giolito. E parimenti si servivano di stampatori fuori di Venezia.; il che si vede nella rarissima edizione dell’Ariosto del 1536, in ¿j.to in calce alla quale si legge: Stampato in Turino per Martino Crauoto et Francescho Robi de Sauiliano, compagni ad instantia del nobile messer Joane Giolito als de Ferraris de Trino nelli anni del nostro Signore mdxixvi, adi xx di zenaro (libro descritto dal chiariss. mio amico e padrone Gaetano Melzi nella ■35ibi. de’Romanzi, pag. 76, e che abbiamo anche nella Marciana). L’impresa che Giovanni i3d aveva adottata per le sue stampe era la Fenice sul rogo, la quale secondo il parere di Apostolo Zeno ( I, 298, Bibl. Fontan. ) egli tolse dal suddetto Bernardino Stagnino, dal quale era usata col motto CREMER VSQVE LICE T NVMQVAM DEFICIAM, e che si vede in fronte all’opera di fra Girolamo Savonarola impressa dallo Stagnino in ottavo nel i536, coltra 1’ Astrologia Divinatrice. Variarono però i Gioliti la forma di questa loro impresa, benché tenesser sempre la Fenice- Imperciocché talvolta il rogo su cui sta la Fenice in atto-di guardare il sole, è sovrapposto a uri vaso e talvolta a un globo alato -; avendo però G G tanto il vaso, che il globo le sigle p o tal» G1 volta p e il motto SEMPEU EADEM. Talvolta trovasi questa Fenice in mezzo a un cerchio di forma ovale nel cui contorno sono intagliate le parole VIVO MORTE REFECTA MEA. Tal fiata invece dell’ovato vi è intagliato allo in», torno l’altro motto de LA MIA MORTE ETER-» NA VITA I VIVO ; alcune volte la Fenice è sola nel mezzo, e questo motto italiano non è inciso in legno, ma è stampato attorno di essa, e cosi pure è stampato alle volte, anziché inciso, il motto latino sopraccennato. Il chiarissimo don Gaetano Melzi ha pubblicato nel 1838 in Milano per opera del dotto librajo Paolo Antonio Tosi il fac simile di