!irj7. SANTA ' Contemporaneamente che si inquiriva sulla persona del Cocco, altrettanto facevasi sui complici di lui, imperciocché fino dal 22 settembre dello stesso 144^ fn preso ( per ea (pie dieta et lecla sunt) di catturare il servitore del prò tono tario Cocco non solo, ma anche Cu to cancelliere dell’ambasciadore di Milano { Curtus Cancellarius ambasc. Medioltìni); e data facoltà al Collegio di esaminare e imprigionare quanti altri fossero sospetti nel delitto del Cocco. Se non che essendo risultato che il loro fatto non meritava la carcere, furono posti iu libertà due servitori nel 29 settembre stesso 1446, ed anche Curio cancelliere, coll’ordine però a questo di partire da Venezia nel giorno medesimo. ( Quod Curtus Cancellar- anibaxat. Mediol. relaxetur de carceri-bus....) Intanto i Signori di Nolte erano andati alle case di alcuni cittadini, e varie indagini fatte avevano intorno al processo contra di lui (in causa D. Christopholi Cauco re-bellis nostri ) ; e pare che il delatore delle male pratiche del Cocco coll’ambasciadore sia stato un Luca Bortoli o Bartoli (Lucas barth): imperciocché sotto il dì 2 3 novembre di quell’ anno 144^ fu proposto che per dare buon esempio a tutti di comunicare al dominio quanto odono e sentono che gli possa spettare, e siccome Luca Bartoli (Scriba) cogitore all’Officio del Sopragastaldo fu il primo che notificò quelle cose che si trattavano coll’Am-basciadore del Duca di Milano, come consta dalle scritture del Consiglio di Dieci, così, dopo la morte di detto Luca, il suo Officio diasi a quello de’ suoi figliuoli che sarà atto a sostenerlo. Ma frattauto il Cocco fuggito già da Venezia e dallo Stato viveva in Roma in modo da far ancora temere delle prave sue azioni. In fatti nel 19 aprile 1447 s* ordina, che essendo stato il protonotario Cocco riconosciuto per traditore del dominio nostro e della patria sua, ed essendo conveniente all’ onor Veneziano che gli ambasciadori che devono andare alla Corte di Roma, lo conoscano, e trattino qual ribelle, così non debbano essi Ambasciadori nè ascoltarlo, nè assisterlo, nè salutarlo, nè parlare in qualsiasi luogo con lui nè essi nè alcun loro servidore nè altri che con loro fosse in Roma, Tanto ordinavasi, affinchè, siccome il Cocco stando in patria ed occultando, sotto ombra di fedeltà, il suo tra- rERNITA. dimento, tradì la patria stessa e lo Stato, così stando in Roma, per voler avere credito e fama o per far male sotto colore di alcuna buona operazione, o colla speranza di ritornare in grazia del dominio, non possa (pubblicato e conosciuto da ognuno per un traditore) ingannare nè macchinare anche colà qualche cosa contra la Repubblica. Fino a questo punto non si rileva dagli Atti in che cosa veramente consistesse il tradimento del Cocco. Lo si deduce però dagli Atti seguenti. Aveva inteso la Repubblica dall’Ambasciadore ritornato da Roma, che alcune lettere mandate da Venezia a qualche cardinale contenevano il contrario di ciò che dal Dominio col Consiglio del Pregadi era stato scritto in proposito della nomina al vacante vescovado di Padova; (1) e visto quanto fosse pericoloso che non solo si palesassero i secreti dello Stato, ma anzi si scrivesse in contrario di quello ch’era stato conchiqso, promulgò una Parte nel 10 gennajo »447 m- v> c*°® J44^j che eccita ognuno ad accusare coloro che avessero scritto a’Cardinali in proprio nome o sotto nome di altri; e colla successiva Parte 18 gennajo si stabilisce la pena a’delinquenti. Questi Decreti non nominano persone ; ma da’ seguenti Atti rilevasi che uno di cotali malfattori era il Cocco. In fatti da una lettera confidenziale scritta in Roma da un Religioso (il quale per qnanto risulta era Maffeo Fa-laresso proton. apostolico figlio di Georgio q. Vittore, di cui ho detto nel voi. il. pag. 147 delle Inscrizioni, che la dirigeva a Zaccaria Valaresso suo zio che fu poi Ambasc. al Re di Aragona) si scoperse che Cristoforo Cocco abitante in Roma, aveva il modo di sapere tutti i fatti segreti della Repubblica, i quali egli manifestava al Re di Aragona per buscarne danari, e ad altri. Questo Religioso aggiungeva sapere da quali Veneziani il Cocco ritraesse tali notizie, ma non avere il coraggio di manifestarne il nome per non incorrere in irregolarità, e per non esser cagione che più di tre cittadini nostri avessero a capitar male. Raccolta questa nuova nel 5 marzo 1449 s‘ prese nel Consiglio di far venire a Venezia quel Religioso, ossia Maffeo Valaresso, affinchè rivelasse i nomi de’propalatori de’segreti dello Stato, mandandogli settanta ducati per il viaggio, e incaricando Zac- (r) Vedi in tale proposito a »die P Agostini. T. I, pag. 101, ioa. Scritt. Veneziani.