S. M A ETÀ. ma j perlarpialcosa non so in che consistano gli accrescimenti e le correzioni. So però che la prima reca l’anno 15yi», cosicché l’autore a» veva 2i anno quando la prima volta la scrisse. E qui cade in acconcio di esaminare le paiole di Jacopo Gaddi nel t. II, pag. 158, diì Scriptoribus : Egli dice parlando di Francesco Piccolomini : Accepi olim Franciscum edidisse aliquol libros de Platonicis rei Aristo-telicis rebus sub nomine aliquorum nobilitali nominatim libros Peripateticarum de anima dispulationum Pctri Duodi, ut mihi dixit li elioni! s philosophiae naturalis professor doctrina et probitate conspicuus, et librum Tlieti poli (ni fallii memoria) Platonis dogmata continen-tem. Dalle quali espressioni si verrebbe a credere die l’opera suindicata non è già del nostro Duodo, ma del Piccolomini. Accorderò io bene die il Piccolomini, sotto la cui disciplina in Padova sarà stato il Duodo, avrà rivisto il libro di questo j o anche diretta l’opera-, ma ciò non toglie ch’essa chiamar si deliba del Duodo, e non del Piccolomini che vuoisi dal Belloni essersi servito del nome del giovane patrizio per ¡stampare una cosa propria. In quanto al Tiepolo, egli fu Stefano Tii-polo figliuolo di Benedetto, e il suo libro è : Academicarum contemplationum libri X. in (¡nibus Plato explicatur et peripatetici re-feUunUir. Basileae 1690, 8.voj del quale avverrà forse di parlare altra volta. Tornando al Duodo, essendo, come ho detto, nel 1608 capitano nella città di Padova, ebbe il merito di fondare la suddetta Accademia Delia, «imponendola di sessanta gentiluomini padovani i quali dovevano specialmente occuparsi negli esercizii cavallereschi sotto di un matematico, di un cavaliero, d’un mastro d’armi ec. onde rendersi più atti al servigio della Repubblica. A tal fine unì il Duodo questa adunanza a quella degli Oplosofisti ( il cui e-serciziaera il cavalcare « Panneggiare), la quale già istituita da Giovanni de Lazara figlio di Antonio Maria, per raffreddamento degli Accademici era quasi venuta meno^ e diedevi per impresa l’isola di Deio col motto SVNC DEMVM IMMOTA. In fine delfOrazione recitata dal Conti si trova il Catalogo di sessanta gentiluomini dell’Accademia Delia, e primo è il nostro Duodo Capitanio di Padova fondatore e padre. Il Salomonio (Urbis Patav. Inscript■ pag. 545) riporta un’iscrizione po- sta nel luo^o delPAccademia sotto il simulacro di un Leone, stemma della Repubblica, che dice: „ m. DC. Vii. C'IVIVM VOLVNTATI MA-n GNÁNIMI PETRI DVODI VKBIS PRAEFECTI E-» QVITIS DILIGENTIA ACADEMIA BESTITVTA » SEREMSS. VENETI SENATVS CONSVLTO FIR-» MAVIT AEDE PROVENTVQ. DELII TANTAE MV. « NIFICENTIAE ERGO * ; e Lorenzo Pignoria sopracceunato, in memoria di ciò ha stampate due epigrafi latine che stanno a pag. 125 del libro Miscelici eìogiorum e®. Patavii 1626. Vedi anche il Papadopoli ( Hist. Gymn. Patav. t. I, pag. 4i-4a, il Quadrio Storia della Poesia ec. voi. I, pag. 86 ), Pah. Bonaventura Sberti ( Spettacoli e Feste di Padova. Seconda edizione, pag. i35-i36), e il Gennari (pag. LXVIII. Saggio storico sopra le Accademie di Padova, in nota). Quanto poi all’amore che il Duodo alle belle arti portava ripeterò, che avendo egli colla suddetta Bolla di Paolo V ilei dì la novembre i6o5 ottenuto la permissione di erigere sette picciole chiese sopra il monte del castello di Monselice ad imitazione delle sette Basiliche di Roma, scelse fra’migliori di allora l’architetto, e questi fu Vincenzo Scamozzi, il quale aveva seguito questo suo mecenate nell’ambasceria di Polonia, ed era anche stato con esso in Germania per l’oggetto di apprendere come varie nazioni pensassero in materia di edificii. Ora lo Scamozzi presentò i disegni e furon tutte sette fabbricate^ sebbene a giudizio del celebre Temanza, la prima sola chiesa di forma rotonda sia dello Scamozzi, e le altre sei cappelline, delle quali Feuritimia è quella della chiesa rotonda, siano d’altra mano, e-seguit* parecchi anni dopo la morte dello Scamozii dal procuratore Luigi Duodo suaccennato nipote del nostro Pietro. Poco di lungi alla detta prima chiesa vi sono in altrettante nicchie, come ho detto altrove, tre busti della famiglia, che il Temanza vuole tutti e tre sieno scultura di Alessandro Vittoria, non avendone però il nome che due soli, cioè quello di Francesco Duodo, e quello di Domenico. Il terzo che non reca nome di scultore è del nostro Pietro, e sottoposta ho letta sopralluogo la epigrafe che più correttamente riferisco di quella che ha il Teman-za, D. O. M. | PETRVS DVODO EQVES | SEPTIES ORATOR, BIS ROMAE FVNCTVS \ PAVLO V. REGNASTE , CONCORDIA CVÜ REP. FIRMATA | AD