2 fi» XVI ha a un (.•¡»grati)ma latino .innàri Magni, che comincia Magnus evas tu- venis seti si libi fata dedissent .... ( Sta nel Cod. Mise. Marciano CLXXII, classe IX.) e un giovane Bembo, che si soscrive il bembetto nobile in armata con Alvise Bembo del fu Matteo Capitanio della Guardia di Cipro, ha due .sonetti diretti ad Alessandro Magno segretario, e stanno nello stesso Cod. 172 della classe IX in San Marco. IV. SASTA TERN1TA. oh ¡tu Ale- co imita, e del petrarca c è appena orma net suo canzoniere. (Lirici italiani del secol. XV!. Venezia x835)- Ma venendo a dire di alcune circostanze particolari della sua vita, queste si desumono in parte delle slesse sue Rime e in parte da una inedita scrittura della quale faremo cenuo in seguito. Nel i56a colle galee grosse patroiwggiate da Jacopo Mocenigo pa- ttizio far figlio Celio Magno figliuolo di Marcantonio e fratello di Alessandro, nacque nel 12 maggio i536. Così egli stesso segna il dì della nascita nella sposizione del sonetto che principia : Già nati usato ardor (png. 1 i4 delle Rime ). * ili fu maestro fino dall’ infanzia il padre stesso, ma per brevissimo tempo, perchè, come si è detto, Marcantonio moriva nel i54g} quando Celio contava tredici anni circa di età. La morte del padre die motivo a quella paietica canzone di Celio la quale comincia : Sorgi dell’onde fuor pallido e mesto (Rime p. 9). Da questa si rileva che Marcantonio lasciava superstite la moglie, e tre altri figliuoli allattanti, dei quali una fau-ciulletta morì poco dopo, come pure mancò la madre, che nella stessa canzone viene pianta da Celio. Pare che dapprima volesse Celio applicarsi, e die siasi anche dato dell’avvocatura, essendo iniziato all’ esercizio negli studi forensi, come dal sonetto Fida mia cetra esposto dall’ Atanagi ( Rime di diversi, nella tavola Voi. II); dalla canzone Me stesso io piango ( p. 83 ) ; e dalla lettera al Melchiorì, di cni in seguito : ma poscia vedesi essere stato ammesso alie cariche di Cancellarla, ossia se-gretaresche, come cittadino veneto originario. Più assai però che al foro e a’ nego zìi politici Celio era nato alla poesia. In effetto a ciò spronato dall’ esempio del padre suo e del minor fratello iuo dèi secolo Celio : Fu L’abate Rubbi diceva di lirici del suo tem- suo se non temessi gli ur- Alessandro, diessi a tutt’ uo-in cotali studi, e divenne de’ primi poeti XVI uno de’ migliori po. Io il direi il primo, li de’ petrarcheschi. Provò col fatto che non è necessario un oggetto amoroso a chi \mol ben poetare. Le sue canzoni superano i suoi sonetti ( Parnaso, T. XXXII ). E il chiarissimo vivente onore della veneta letteratura Luigi Carrer lo chiama uno de’più illustri poeti del suo tempo, e degno di illustrare qualunque tempo. fla nobiltà e malinconia ne’suoi versi di Lorenzo, andò in Sorìa sì per compagnia 'al Mocenigo ch’era suo grande amico, come anche per trattare di alcuni affari con Alessandro Magno suo fratello che allora trovava.si coll’armata Veneta in Levante. In questa occasione Celio ebbe a sofferire una fortuna di mare la quale di egli motivo ad un’ altra bella canzone: Sacro e possente Dio ( Rime pag, 5.). Vedesi che del 15j 1, 1572 era stato assunto nel numero deJ Nodari Ordinarli della Gancellaria, e che in quell’anno lo si destinò per segretario ad Alvise Grimani che andava Provveditor Generale in Dalmazia in luogo di Giacomo Foscarini. eletto Capitano Generale iu Armata. Nel relativo decreto di nomina a Nodaro Ordinario si,legge: essendo Celio persona di lettere et virtk singolare come si è veduto da più opere sue et s’intende da relatione di diversi huomiriì dotti. Servì al Gri-mani nel tempo della guerra contra il Turco con incredibili fatiche, e continue vigilie per tutto quel travaglioso ed importante governo. Del a’23 settembre fu eletto Seeretario di Senato, e nel 1576 trovandosi còme Segretario privato di Alberto Badoaro cavaliere (figliò di Angelo ) ambasciadore al Ro di Spagna, nel qual carico fu eletto nel 18 dicembre i5j4) e continuò fino al 1578, Celio soprappreso da non so quale immaginazione di dover morire colà, compose quella delle sue canzoni,, che leggesi a pag. 83 delle Rime, e che ho testò indicata col principio.Me stesso io piango. Ducisi infatti in questo componimento di avere impiegato il fiore della età sua fra gli strepiti del foro, e trattate quasi per furto fe muse, che de’prini*anni miei dolci nodrici Far poi conforto a’ miei giorni infelici. E apparisce eziandio da questa canzone che Celio avesse un figliuolo unico che allora era ancor fanciullo, e stavasi sotto le cure della madre in Venezia. Io credo che questo fanciullo avesse nome Marcantonio che ricorderò più sotto. Fórse iì motivo della melancouia di Celio