18o SANTA TERNITA. monaci la storia conservò anche il nome : cioè, due da Varadino ed erano Stefano e yinseltno; due da Zaladino, Corrado e Alberto ; due da Beel, Ulrico e Valtero; due da Zobor, Crato e Taclo; quattro da Monte Pan-nonio. Filippo, Enrico, Leonardo, Concio. Uomini eran tutti ammirabili sì per la pietà che per la dottrina, e sette fra essi cioè Alberto, Filippo, Enrico, Corrado, Crato, Taclo, e. Stefano eruditi nella lingua e quindi attissimi a spargere la divina parola. Costoro era» considerati come Arcivescovi di titolo, « avevnn facoltà di piantar Chiese e Monasteri nelle Città e nelle Provincie del Regno. Gherardo intanto sosteneva ottimamente le vescovili sue funzioni. •Concorrevano a lui genti da ogni parte sì per essere battezzate, sì per essere inslrutte nella cattolica religione ; appoggiava i neofiti e gli scolari a quelli fra’ i detti Monaci che credeva i più adatti, e fra questi a Valtero, e al suenunciato Mauro monaco veneziano. Furon essi i primi monaci canonici ( ossia monaci regolari) viventi sotto la regola di S. Benedetto nel Cenobio di S. Georgio martire. Crescente così il numero de’fedeli edificò Gherardo delle Chiese per ciascheduna Città, e fra queste un sontuoso tempio e un monastero alle'spiaggie del fiume Mericz ( Morosso «e Ma- risio nella Transilvania ) in onore di San Georgio, e per memoria del sito in cui fu allevato; e in questo Monastero consacrò una Cappella alla Beata Vergine, della quale era devoto oltremodo, nè tralasciava nel sabbato di ogni settimana di visitarla co’ suoi canonici. Tanto poi salì in rinomanza questo Sacrario aitato continuamente da’donativi do’fedeli, e massime da quelli del re e della regina, che gli Ungheri chiamarono e chiamano anche oggidì patrona del loro Regno Maria Vergine, « ne recano sulle monete d’ oro e d’ argento ]’ impronto. Si ha memoria avere Gherardo consacrala la chiesa di S. Pietro in Vincoli di Ravenna fabbricata dal re Stefano, (i) Non cessava ü Sagredo dall’opere di pietà, e dall'esercizio delle virludi dell’umiltà, della pazienza, della penitenza, vigilando continua-mente sopra il popolo affidatogli, usando però a suo tempo rigore verso gl’ indocili, e interponendosi a favor de’ colpevoli appo il R» coll’ implorare il perdono. Benché vescovo non volle abbandonare mai l’abito monastico. Piacevole poi e di costumi soavi, e di cuore ben fallo, cercava di sollevare i poverelli o con vivande o con danari; e narrasi che mentre una povera donzella servente nella casa abitata dal Sagredo quando veniva a visita» (i) Questa notizia è taciuta dall’anonimo autore della Leggenda pubblicata dal ‘Wioo, ed è taciuta parimenti dal Wion nelle illustrazioni all’anonimo. Essa si ricava dalla Storia del Rossi (Hieronymi Rubri Historiartim Ravennalum Libri decem. Venetiis Guerra, i58g, fui, a p. 360, In fatti il Rossi agli anni g63 e 967 dice; In agro Ravennati circiter haec tempora D. Petri ad Vincala templum ac domus a D. Stephano Vngarorum rege extruitur : consecratur a Gerardo Mori-siensi episcopo, ac paulo post martyre .. . . quod ex ipsius Regis diplomate illustrius patebit). Qui v’à il diploma del re Stefano agli abbati e al convento di S. Pietro in Yincola sito nel territorio Ravennate. Comincia: Quoniam ilio domino no s illuminante .... praefatum monasterium per (idjutorium nostrum ad consilium Gerardi venerabilis episcopi ecclesiae Morisinae Jidelis nostri una cum nobili viro Romano duce Ravennae construi fecimus ; e per praedicti Gerardi manus proprias ac auctoritate Ro-manae ecclesiae, consecrari..,, Il Pray (Annales Regum Hungariae lom. I. p. 41.) riconvince di errore il Rossi, il quale pone all’anno g65 oiò che avvenne nel io36, giacché Stefano re di Ungheria non era ancor nato del 963. E sebbene il documento non abbia anno} nondimeno il Pray lo conghiettura esteso nel io36, epoca in cui era Gherardo già vescovo di Canadio. (Yedi di sopra). Anche l’altro storico Katona (t. II, 431, 3^, 33, 34, 33 ricorda la cosa stessa, e la assegna all’anno io36 ; riflèttendo che sebbene sia incerta veramente l’epoca, e alcune cose nel documento siano oscure, nondimanco è indubitata la fondazione del monastero, e la verità quindi del documento, Osserva poi che quel Romano duca di Ravenna, non si conosce da altro documento; ma riflette, col Muratori, che molti in quel tempo godevano il titolo di duchi di Ravenna, il qual titolo in qualche famiglia era ereditario, e Romano può essere uscito da una di queste famiglie. Marco Fantuzzi (tom. Y. Monum. Ravennati. Venezia i8o3, 4-l°> P> 24^) riporta il predetto Documento copiandolo dalle Storie Ravennati del Rossi, e lo ricorda anche nel Prospetto a p. XVII. di quanto si contiene nel tomo V. Ma non rileva l’errore evidente dell’epoca ; del che però non puossi tacciare il Fantuzzi, avendo nel Prospetto dell’Opera protestato di pubblicare i Documenti tali quali li trova, oudu eltri ne corregga le note cronologiche se sono errale-