- 68 — pure è possibile trovare in artisti come Turghènjev (1) sono completamente ignote all’arte di Cèchov, che mira, e senza alcuno studio, ad essere umile e semplice quanto è possibile. « La caratteristica della poesia russa — dice il Mjerez-kòvskij — la semplicità , la naturalezza, l’assenza di patetico convenzionale e eh tensione, ciò che Gògol chiamava « la mancanza di foga della natura russa », Cèchov l’ha spinta all’estremo limite. L’ultimo artista del verbo russo uguaglia, in questo, il primo; la fine presente (2) della letteratura russa si congiunge al principio: Cèchov, Pùskin. Cèchov è più semplice di Turghènjev, che sacrifica qualche volta la semplicità al bello o al grazioso; è più semplice di Dostojèvskij, che deve passare attraverso l’estrema complicazione per arrivare all’ultima semplificazione; è più semplice di Tolstoj che, qualche volta, si studia troppo d’esser semplice. La semplicità di Cèchov è tale che, talvolta, se ne rimane spaventati. Un passo ancora e sembra che sarà la fine dell’arte, la fine della vita stessa. La semplicità diventerà il vuoto, il niente. E’ così semplice che sembra non ci sia niente; e bisogna guardare attentamente per vedere in questo quasi niente, tutto ». Questa semplicità è tutto, perché è il risultato di una lunga concentrazione interiore, di una lunga passione e sofferenza che si trasfondono in tutte le piccole cose: in (1) V. il mio saggio su Turghènjev premesso alla traduzione Idi Pane altrui. « La Nuova Italia » Editrice - Venezia, 1927 (2) Il saggio del M., già citato, fu scritto nel 1906.