- 92 — Giardino dei ciliegi (ed è ciò che indusse in errore chi vide in esso una pausa al pessimismo cechoviano) tutto il dolore del dramma si cela e si riassorbe in una superiore limpidezza; ogni voce si smorza in sordina, ogni pena si raccoglie in una trasognata chiarità : c’è come la tristezza di cerli luminosi crepuscoli. Il giardino dei ciliegi che ho illustrato in tutti i suoi particolari nella prefazione premessa alla traduzione che ne ho data (1) presenta vari difetti: retorica la figura di Trofìmov, il messianico credente nel progresso; sforzato anche, in alcuni tratti, Lopàchin che talora diventa, contro la sua natura di nomo rude ma non cattivo, cattivo e volgare ; sviluppate un po’ troppo, a danno dell’econo-mia del lavoro, certe scene e figure che non s’innestano nel nocciolo del dramma; anzi alcune di queste figure ritornano, come in precedenti lavori, col valore di caratteri, esempio: Jàsa, presentato come un tipo di servitore pretensioso e screanzato; assai stucchevole nelle sue pose. Il lavoro nel suo complesso, è un soliloquio lirico alla giovinezza e alla gioia che passano, alla poesia dei sogni e alla felicità che dileguano. E in ciò soprattutto sta il suo pregio e il suo difetto : il suo pregio perché da questo lirismo si sviluppa un’accorata e limpida luce di poesia; il suo difetto perché appunto tale tensione lirica, per cui i personaggi finiscono troppo spesso coll’ef. fondere i loro sentimenti come per sé soli, dimenticando le ferree necessità dell’azione drammatica, crea uno squi. (1) Detta traduzione, già pubblicata isolatamente dal Vallecchi, si ristamperà nel voi. Ili del Teatro Completo cit.