— 58 - irebbe salvare dall’oscuro gorgo della vita. E, purché ci sia, Cèchov ammira la fede, in senso ampio, comunque si esplichi: anche se non abbia Iddio per suo oggetto. Si veda per esempio il Racconto di un vecchio giardiniere (1894). Il vecchio giardiniere narra di un sant’uomo, vissuto tanto tempo addietro, il quale non viveva che per il prossimo, soccorrendo e consolando tutti. E tutti, nella città e nei dintorni lo veneravano: perfino i banditi. Un giorno questo sant’uomo fu trovato ucciso nel fondo di un burrone, ma sebbene tutti gli indizi mostrassero che si trattava di un assassinio, nessuno volle credere che, a questo mondo, esistesse un uomo capace di commettere un delitto così infame. E quando fu trovato l’assassino, costui, sebbene colpito da prove schiaccianti, fu liberato perché e il giudice e il popolo, sostennero unanimi che un simile assassinio era impossibile. Essi credevano nella forza del bene, nella bontà della creatura umana e questa fede, anche se impedisce l’attuazione di una rigida giustizia, è una cosa così sublime, che il vecchio giardiniere s’inchina dinanzi ad essa, senza ammettere repliche in nome di un pratico buon senso che distruggerebbe la forza più grande degli uomini: credere. Dopo quanto abbiamo detto si può comprendere quale disperato tentativo rappresentassero per Cèchov quelli che abbiamo chiamati i miraggi. L’eroe cechoviano, è vero, non sa, non crede, né ha la forza e la gioia di lottare per liberarsi dal cerchio che lo stringe, ma il non sapere, il non credere, sono una sofferenza per lui e questa sofferenza, sia che si sforzi di nascondersi sotto l’apparente freddezza di Nicola Stjepà-