— 115 Iti questi abbandoni, che chiameremo romantici, Cè-chov ha spesso qualche cosa di rettorico; però, siccome anche in quella che chiamiamo rettorica ci sono diverse gradazioni, possiamo subito dire che Cèchov non è mai un retore nel senso peggiore della parola; non ha mai, cioè, quel tono artificiale di chi parla con voce accalorata e col cuore indifferente. Anche in questo aspetto artisticamente negativo, si sente tuttavia che il difetto proviene da un artista, poiché la rettorica di Cèchov ha un suo appassionato calore : è insomma una rettorica che ha qualche cosa d’ingenuo e che, se è un elemento falso dal punto di vista artistico, non lo è per lo meno nella sua movenza sentimentale. E del resto, anche in questi casi, Cèchov im genere non si allontana mai troppo dal limite; anzi si riprende per lo più in modo che, talora, con una sola battuta riesce a ristabilire l’equilibrio distrutto, a ricreare il tono giusto; cosicché spesso si dimentica la momentanea deviazione. Ci sono poi dei casi in cui la rettorica cechoviana è così ambigua, così poco percettibile che si oscilla indecisi al di qua e al di là del limite segnato dall’artista. La figura di Anja, nel Giardino dei ciliegi, ha certamente nella sua esuberanza sentimentale, non sempre disciplinata, qualche cosa di rettorico; ma è difficile fissare con precisione questo tono, poiché la figura di Anja, nel suo complesso, si basa appunto su questa sua esuberanza.