— 25 — umano. E’ un primo passo nei labirinti dell’anima; e questo denudamento di difetti, di debolezze, di piccole cose ridicole, si sente che, per chi scrive, assume ben presto il valore di una scoperta seria; egli sente che lo spettacolo umano non è tanto allegro anche se faccia ridere. Ecco perché il suo riso è pacato e non si sfoga rumoroso alle spalle dei personaggi che lo suscitano. Ecco per esempio tre racconti (Il grasso e il magro; Dal diario di un vice-contabile; La morte dell'impiegato) tutti e tre dello stesso anno (1883) nei quali, e specialmente nell'ultimo, c’è qualche cosa che ci ricorderebbe la costruzione gogoliana di Ivàn Ivànovic e Ivàn Nikìforovic (1) e anche del « Cappotto », se il tono di uno schietto humour non venisse attenuato e coperto dal prevalere delle tinte caricaturali sulla serietà intenzionale del fondo. Alcuni critici fanno rientrare questi e simili racconti, nello schema troppo semplicistico di una satira contro la burocrazia, ma essi sbagliano: in primo luogo perché Cèchov non è uno scrittore satirico (2) e quindi non aguzza i suoi strali contro nessuno; poi perché egli, anche se si è qui ispirato al burocratismo dominante secondo certe convinzioni del suo tempo (3) non dà mai ai suoi scritti un valore ad personam, in nessun senso; essi trascurano, quindi, il significato largamente umano, cui egli mira attra- (1) N. Gocol: Come Ivàn Ivànovic questionò con Ivàn Nikìforovic. Traduzione dal russo e introduzione di Carlo Grabher - Libreria di Scienze e Lettere • Roma, 1923. (2) Vedi pag. 106. (3) Vedi pag. 20.