— 69 — una pausa, in un gesto, come nel « sorriso » dello sconosciuto della steppa, o nel « riposeremo » di zio Vànja. Il laconismo di Cèchov, inteso in senso ampio, appare nella parola e nella costruzione sintattica, perché è già nella costruzione di vicende, di situazioni, di figure; questo laconismo non è qualità esteriore, stilistica, ma concentrazione di visione, a cui corrisponde naturalmente un linguaggio, uno stile, che possono sembrar poveri a chi non sente la risonanza nuova e potente che acquistano nell’anima le parole di tutti i giorni, arricchite di significati e di risonanze da quel « sublime pudore della sofferenza » che il poeta Tjùtcev scopriva nell’anima russa e che in Cèchov trova una delle sue più belle espressioni. Tutto in Cèchov si raccoglie in umiltà di sentimento e di parole, cosicché egli, che pure ha una visione così desolante della vita, è lo scrittore più pacato, meno clamoroso e se L. Tolstoj, parlando di L. Andrèjev, diceva che « spaventava senza metter paura », giustamente col Lvov-Rogacevskij possiamo dire che Cèchov « senza spaventarci fa paura ». 24 — l’equilibrio del mondo di cèchov E LA TRASFIGURAZIONE LIRICA DELLA REALTÀ QUOTIDIANA Siamo così arrivati a comprendere il perfetto equilibrio che raccoglie, in una calma inattesa, un mondo tormentato come quello di Cèchov; e questo equilibrio è la tragica serenità acquistata dall’artista attraverso una sofferenza lungamente maturata, attraverso una ferrea consapevolezza dell’ineluttabilità della vita, atttraverso