470 SANTA MA con due funi lunghissime passate fra le corna, e maneggiate opportunamente da uno o due uomini; allorché il Toro morsicato dal Cane a II' orecchio vuol far uso della propria forza, i tiratori con una scossa improvvisa lo costringono a cambiar direzione, e rendono i di lui sforzi inutili. Chi non fosse pratico in cosiffatto esercizio potrebbe facilmente essere strascinato, calpestato, e guasto dall' animale. V' ha regole, v ha un’ arte precisa per questa faccenda; V educazione de' cani e degli addestratori loro è particolarissima, ed estesa contemporaneamente alle bestie, ed agli uomini. Un secolo fa circa era permesso nel carnovale andar girando per la città con Tori e di far molate ove piaceva ai Tiratori ; e specialmente nel Giovedì grasso, e negli ultimi tre giorni face vasi girare e correre per le strade dei Tori legati per le corna con funi, che la mano di uno o di due tiratori non abbandonava, onde poterli fermare a piacere; se non che essendo, ciò nonnostante, più di una volta uscito di mano l’animale, o rotta la corda, con grande spavento di chi trovavasi nelle anguste fondamente e vie, il Consiglio di X. si determinò di togliere onninamente quest’uso, come ricorda anche il Gallicioli ( IL 255 ). E già varii decreti eziandio ne’ secoli passati uscirono, onde togliere i disordini, e fino dal i5i8 abbiamo nel Sanuto esempli ( Diarii XXV. 174- 19» ) di Feste da Tori sospese, ed altre cominciate e non terminate. E in effetto non davasi quasi caccia, in cui non accadessero inconvenienti, vale a dire, di persone maltrattate dagli animali, o di feriti in zuffa, o di storpiati e ammaccati per gradinate cadute. Al qual proposito è notorio ciò che accadde sotto il Regime Austriaco della prima epoca essendo Presidi di Polizia li nobili Girolamo Ascanio Molin, e Giovanni Zusto. Sfavasi eseguendo con gran pompa una di coteste caccie a Tori sciolti nel Campo di santo Stefano, in mezzo al quale erasi eretta una specie di anfiteatro, i cui gradini vedevansi coperti da immenso numero di persone d’ambo i sessi, quando all’im-provviso s’ udì scricchiolare una parte di esso, e poi videsi fracassare, restando molti gravemente offesi, e alcuni morti, se non sull’ istante, poco dappoi. Grande oltre ogni credere fu lo scompiglio ; e lo spettacolo ebbe termine appena cominciato. Ma non solamente il basso volgo Veneziano era trasportato dal genio di assistere a queste caccie, persone coltissime altresì ne erano pas- RIA MAGGIORE sionate amanti, e a tutte accorrevano. Di un prete, ricorda il chiariss. Michele Battagia suaccennato, ascritto alla Chiesa di santa Margherita, il quale affetto per gran tempo da gravissima ipocondria, avendo una fiata assistito ad una caccia di Tori, protestava che alla prima molata sentì tale un interno moto che lo fece d’improvviso ricuperare la sanità. E al contrario, un individuo della nobile famiglia Nani della Giudecca cadde dal pergolo ( poggiuolo) del suo palagio, e morì per essersi troppo in fuori spinto per vedere una bella molata. (Veg-gasi F Opuscolo in versi martelliani intitolato: La Veneta Giudecca istoriata pag. 27 ). Dal serio passando al ridicolo, prima di compire narrerò un avvenimento eh’io so per bocca del signor Battaggia sullodato. Ad un nostro ottimo gentiluomo di una delle primarie famiglie, e assai popolare per naturai carattere venne in pensiero, pochi anni prima che cadesse la Repubblica, di voler dare ai suoi compa-triotti un’ idea almeno delle caccie di Tori che si accostumano in Ispagna. Persuase pertanto un imprenditore di spettacoli a dar questo nel Campo di san Polo, che a ben composto circo venne configuralo. Immenso era in quel giorno il concorso, ed impazienti tutti di veder cominciata la lotta. Entrano finalmente nello steccato i combattenti eh’ erano scorticatori vestiti alla Spagnuola; fanno prima un grazioso inchino al pubblico, poscia partono, tranne uno che attende a piede fermo il Toro per combattere, e ucciderlo con una sola stilettata nella commis-sura che ha fra le corna. Entra il Toro ; il prode gli va incontro; ma la bestia non aspetta il colpo, e fieramente invece incalza l’uomo. Questi si dà precipitosamente alla fuga : ma nell' atto che per salvarsi tenta di salire un parapetto dei gradini del circo, si sente cornato nell’ ano ; se non che per buona sorte il corno infilzò i calzoni larghi alla spagnuola, e mentre il Toro facea forza dall’ un canto, la gente dall’ altro facea resistenza per trarlo a se ; finalmente tira ti, tira mi, sdrucirono i calzoni, e mezzo morto l’atleta fu posato sui gradini e confortato alla meglio. Subito dopo si presenta il secondo lottatore, il quale al Toro vibrò, sebben con mano alquanto timida, il colpo di stilo, ma in cambio di cogliere il sito debole fra le corna, il ferì leggermente nelle narici, e gli convenne assai presto uscire per dove era entrato, altrimenti ne avrebbe ricevuta brutta ricompensa dall’ adirato animale. Un terzo, dopo varj tentativi, ferì il Toro si, ma dove? nel-