LA CELESTIA Convenne pertanto a’ Ve- spezialmente andava alla Giudecca per suo per difesa dell’ Isola neti apparecchiare una flotta considerabile e procurar d’ottenere colla forza ciò che colle buone maniere non avevan potuto. Capitano dell’armata di mare fu Domenico Michiel da Santa Fosca, e di quella di terra Luchino dal Verme Veronese . Partite di quale genti nostre nel io aprile 1364» giunsero verso Candia, e quivi data un’ acerrima battaglia , con grande uccision dall’ una e 1’ altra parte, rimasero i Veneziani vincitori ; vittoria che si riportò a’io del maggio susseguente . Il Caresini nel Dandolo attesta che molto valse la sollecitudine e la industria del doge Celsi od trium phandum tam magni/ice et tum brevi tempore de insula supradicta. ( R. I. T. XII. p. 45o e vedi anche FI. Cornaro nella Creta Sacra voi. II. p. 3io ec. ). Corsa la lietissima novella a Venezia in 18 giorni, le feste furon grandi e memorabili. Un solenne torneo eseguito in co-testa occasione nella piazza di s. Marco per quattro giorni, nel quale il re di Cipro sum-inentovato, che era tornato di Francia, volle giostrare con Iacopo figliuolo di L.uchino dal Verme, è descritto dall’ immortale Petrarca , che presente trovossi, in una sua lettera ( Se-niles. lib. IV. epist. 11. in ejus Operib. Basi-leae. i58i.fol. p. 782 ) diretta a Pietro da Bologna, datata IIII idus augusti i564> ove lodando il Celsi dice: Dux Laurentius vereCel-sus vir nisi me forsitan amor fallii , et magnitudine animi et sanctitate morum et virtu-ium studio super omnia singulari pietate at-que amore patria e memorandus . Vedi di ciò anche il Sansovino p. i5a. b. e p. if\0., e Pier Giustiniani Lib. V. p. g5. ediz. 1376. Nè è a tacersi che sotto questo doge ebbe comincia-mento la cospicua nostra iVlarciana libreria, per li codici che lo stesso Petrarca donò alla repubblica nell’anno i56a ( Sanuto 660 Sansovino a/f tergo e a5. Morelli. Operette voi. I. p: 3 e seg. e Balde/li. Del Petrarca e dulie sue opere, l'irenze 1797. 4* P- l$9)- Questo doge era di corpo molto robusto, e ben fatto, era splendido, e magnanimo, e desideroso dell’ onore ed incremento della sua patria, come scrive il Caroldo, e il Sanuto, ed attesta lo stesso Petrarca . Il Sanuto aggiunge : Teneva nella sua corte ogni sorta d’uccelli da spassarsi, e darsi piacere con quelli, e certe bestie contraffatte eh' era una bella cosa da vedere . Teneva etiam di molti belli cavalli e corsieri e cavalcava molte fiate per Venezia con molti gentiluomini in sua compagnia ; e diletto. Per divozione alla B. Vergine interveniva alle funzioni della cappella ducale vestito di bianco ( Sansovino p. 177 t. e Vecellio. abiti p. 78) costumandosi per 1’ avanti gli abiti ducali esser sempre di color cremisino. ( Me-schinelLo T. III. 56) E dopo avere regnato anni quattro, e giorni due, morì nella fresca età d’ anni 57 ( die» il Sanuto) a’18 di luglio del i56*>. L’ epigrafe però ha XLIV ; ma preferisco lo storico. E a questo passo è assai a ponderarsi ( ciò che non vidi osservato da altri) una giunta che legge-si nel Sanuto stesso (p. 661), cioè: che se non moriva Lorenzo Celsi doge il quale aveva anni 57 e avea dogato anni \ faceva la fine di Marino Faliero doge, come ho veduto in una cronica antica scritto; il che è quanto dire che sarebbe stato giustiziato, quasi traditore della patria. Dalle azioni sue di sopra esposte, e dal-1’ altre che negli storici leggonsi, non si saprebbe trovar fondamento a questa conghiettura. Ma lo si può forse, a mio parere, dedurre dalle cose a lui posteriori, cioè da ciò che fu proposto da’ correttori dopo la di lui morte : che se sarà deliberato pe' consiglieri col consiglio di dare altra forma nel reggimento di Veneziia il doge debba rifiutare e uscire dì palazzo in pena di confiscazione di tutti i suoi beni mobili e stabilì (Sanuto 662). Ciò fa sospettare che nel principato del Celsi si fosse tentata una riforma, e che il doge non fosse lontano dall’a-derire, o avesse forse favoreggiato i pareri de’ consiglieri. Maggior appoggio poi abbiamo in ciò dalle parole che leggonsi nel manuscritto Caroldo, cioè che subito dopo la morte del doge Celsi fu statuito per convenienti rispetti lacerare e abbruciare tutte le testificazioni et scritture lette nel conseglio di Dieci, di M. Lorenzo Celsi duce di Venetia, delle quali non se ne possa mai dir parola; et perchè spettava ali onor di Dio et dignità della repub. Veneta espurgare l'infamia levata contro lui dapoi la morte sua, fu statuito che nel primo maggior conseglio C eccelso duce debba dire e publicare con parole generali come esso duce Celsi era stato infamato per alcuni dapoi la sua morte li quali dicevan lui aver comesso contra F onore della rep. Veneta, e che fatta diligentissima essaminatione era stato trovato che tale infamia era del tutto falsa . Passando all’ epigrafe, il doge , che abitava in questi contorni della Celestia, fu sepolto (Sanuto 660) nella detta chiesa di sopra lo