/,68 SANTA MAH non tutti di una stessa contrada vestivano in corto, e per lo più con calzoni di velluto nero e giacchetta di scarlatto o di drappo, con berretta rossa s’ erano della fazione Castellana, o nera s’eran della Nicolotta. Alcuni comparivano, ma di rado, vestiti con maschera di panta-lone, o di arlecchino, per non essere conosciuti. Talora prima di dar principio alla caccia onde scuotere l’animale se gli legavano alle corna dei fuochi artificiali, la cui esplosione talora riusciva all’ effetto, ma tal altra facevaio restar sospeso ed immoto, nè prendeva corso che alle grida e al movimento del popolo. Fatto dai Tiratori col loro Toro un giro pel campo si veniva alla prima molata ( slanciata) e allora cominciava la lotta tra il Cane e il Toro, il quale rimaneva sempre vittima infelice e per il numero dei Cani che gli venivano un dopo F altro slanciati all’ orecchia, e perchè non libero nei movimenti. In fatti il Toro vedendo che il Cane veniagli incontro, abbassava la testa per infilzarlo colle corna, il che per lo più non riuscivagli, perchè aizzandosi il Cane per la parte posteriore dell’animale gli si offeriva pronto 1’ orecchio, e gliel poteva facilmente lacerare se lo si fosse lasciato; ma appena afferrato, pronti alcuni a ciò destinati, o lo stesso padrone del Cane trascina-valo per le gambe posteriori, e comprimendogli i genitali, o morsicandogli la cima della coda staccava il Cane, non senza stento, lasciando ferito 1’ orecchio del Toro, e questa carnificina ripetevasi con diversi cani, 1 un dopo 1’ altro., fino a che eransi quasi del tutto levate le orecchie del sagrificato animale; e allora questi bovi portati in un burchio tosto al macello si accoppavano non senza il loro detrimento ( calo di peso), e di mala riuscita diveniva la loro carne. E parlando dei Cani, la plebe, e specialmente i macellaj erano ambiziosi di tenere Cani da Toro, i quali fatti appena grandicelli e condotti al macello pubblico dei bovi si aizzavano all’orecchio di lui testé accoppato e ancora caldo. In alcune caccie avean premio i Cani più valorosi ; valore che in essi si dimostrava dalla prontezza nell’ addentare l’orecchia, ed addentata tenervisi attaccato, ( e qui i battimenti e i plausi andavano al cielo); come per lo contrario i fischi assordavano verso quel Cane che invece di afferrare l’orecchio afferrava la gola del Bove. E avvenne alcuna volta che questo con un crollo del capo, staccando dall’ orecchia il cane, lo gitlasse all’ aria, e che nel cadere lo infilzasse IA MAGGIORE nella pancia, o in altra parte del corpo sopra una delle corna, e facesselo cadere ferito o morto; e qui il Bove era applaudito a cielo. Dopo tre o quattro molale, che anche salti dicevansi, partivano i Tiratori e gli animali, ed altri in loro vece subentravano sino alla fine, e questo partire dicevasi alla Veneziana andar zo della festa. Sostenute dai Tori nel campo le prime molate venivano per solito condotti dai Tiratori nelle vicine corti, o in altro spazioso sito, e se là avevano le novize ( spose, o amanti), ivi appunto faceano i maggiori sforzi di valore e destrezza ( e in effetto più la destrezza che la forza era in questo giuoco da ammirare ), di cui il principale consisteva nel far stramazzare con una tirata l’animale. Andavano allora al cielo le grida di applauso, e vedevasi l’amante del bravo Tiratore asciugarsi col grembiale le lacrime di tenerezza. Talora però il colpo di fermata andando fallito faceva stramazzar alcuno dei Tiratori, quindi fischiate e dispiacere. Avveniva eziandio che i Tiratori ( ma raramente), prima di comparir sulla festa, andassero col Toro fresco, cioè non ferito nell’orecchie, sotto i balconi della no-viza dell’uno o dell’ altro di essi due a fare qualche molata, e ciò verso la giovane era gran dimostrazione di premura e di affetto. Alcuni Cortesani di prima classe facevansi soli a tirar 1’ animale, e tra questi, bensì di rado, entrava qualche nostro gentiluomo, coperto la faccia con una maschera, con a lato un macellaio eh’era per il solito uno scorticatore di bovi, in camiciotto bianco merlato, e ciò per decoro del nobile Tiratore. Di questo numero fu il patrizio Ferigo Callo figlio di Marco pro-curator di s. Marco, e fratello di Francesco Cal-bo Crotta morto, non han moli’ anni , podestà di Venezia; e fu wi pure il patrizio Michelangelo q. Antonio Lin di s. Samuele, gran cacciatore, robusto solazier ( vogatore per sollazzo ), famoso direttor di Regate, e destro giucca-tor di pallone; morto senza i soliti acciacchi della vecchiaia, in età d’ anni 99 compiuti, segno evidente, riflette l’amicissimo mio Michele Battaggia, cui debbo gran parte di qneste notizie, che l’esercizio del corpo, anziché quello della mente consumatore delle forze corporali, vale a far produrre la vita molto e bene. I campi che più frequentemente servivano di circo a tale spettacolo quelli erano di S. M. Formosa di s. Paolo; di s. Margherita ; di s. Stefano; di s. Giovanni in Bragora; di s. Giacomo dall’ Orio; di s. Barnaba ; di s. Geremia ; nel-