S. SEVERO 104 Erasi già egli, anche lontano, mostrato favorevole per la sua patria prima di giugnere al soglio ; ma ottenuto questo, se ne mostrò ancora più . Imperciocché confermò a’ Veneziani Tantico diritto di esigere le decime del clero; recò sussidio d’uomini, e d’arme, e di danaro per la guerra contra il Turco; spedi al doge Francesco Morosini lo stocco e il pileo militare . Concesse il perpetuo diritto a’Veneziani di eleggere vescovi ed arcivescovi per quelle città che prendessero a’ Turchi; diè facoltà al primicerio di san Marco di promuovere i cherici suoi alli quattro ordini minori, e di conceder le dimissorie per gli ordini «acri . Ottenne dal Senato che fosse rimesso in grazia ¡I Cardinal M._ Antonio Barbarigo che «al 1685 per un disgusto avuto col capitan generale Morosini, non aveva ubbidito alle chia mate del Senato, anzi era partito per Roma lenza notizia e senza permesso. Ascrisse fra il numero de’Santi Lorenzo Giustiniani patriarca di Venezia ed altri. Ottenne anche cosa della massima difficoltà e già tentata dal suo predecessore, cioè che gli ambasciatori esteri rinunciassero all’antico diritto della immunità, e che quindi il re cristianissimo restituisse alla sede Apostolica la città di Avignone e il suo distretto. Molt’altre cose utilissime alla santa sede fece, che notate sono negli scrittori, i quali dannagli gli attributi d’ essere stato uno de* migliori spiriti del suo secolo ; uomo di somma dottrina, e di non minore attività nella tratta-zion degli affari,- di vera politica; e munificentissimo. Della politica egli diede saggi anche quando trattavasi di riformare, come si è detto, la immunità, e franchigia del quartiere, dilatato da’ ministri stranieri con eccesso; nella qual congiuntura, essendo e suddito della repubblica, e creatura del Papa, seppe maneggiarsi con tale destrezza che meritò l’approvazione d’ambedue le corti come attesta il Palazzi p. ao5. voi. V. Della munificenza poi grandi saggi diede e verso i poveri e verso altri, ma soprattutto verso i parenti : e massime verso il pronipote suo Pietro Ottoboni cui colmò di onori, e cui preparò una sceltissima privata libreria. Non andò peraltro esente da traccia appunto per cotal motivo, e mi ricordo di aver veduto in un catalogo manuscritto indicato il seguente opuscolo in quartine : IL colascione a tre. corde ovvero tre satire contro il Nepotismo di Papa Alessandro Vili Ottoboni veneto, con in fine V aggiunta della quarta corda ( Cod. cartaceo del secol. XVII ). («) Ma a lode del vero, io non posso qui tralasciar di recar qui sotto(a) uno squarcio della inedita relazione fatta da Gio- ii) Comincia : La mia musa vuol dir roba che puzza, Cori lingua ardila irriverente e sozza Se un roso colascion flagella e sferza . Strida, che pare ispiritata e pazza. La prima corda, e la seconda aguzza, Contro Alessandro Vili in prima cozza, Ma con arte maggior tempra la terza. E poi con tutta quanta la sua razza. (a) Scrive il Landò parlando di Alessandro Vili. « Il merito di quel grand' uomo ha supe-» rato un punto che passava per insuperabile. Egli ha usato una condotta maravigliosa in » tutta la sua vita per giungere al Ponteficato coni anco nell' amministrarlo in un breve « spazio, tutto spinoso e pieno di gruppi difficilissimi. Ila fatto conoscer il temperamento n incomparabile della sua prudenza in tutti gli affari del mondo. Verso poi la sua Patria n era svisceratissimo e gli ha dati segni di stima iC amore e di beneficenza nel corto perio-» do del suo ponteficato in grado d’avere esatto lode da tutti ; e coll’ aversi perfettamente r> presenato dalle calunnie de'gelosi della sua origine. Quanto poi avanzi di stima di ripu-« tazione e d' autorità nella corte di Roma una nazione non piìi esclusa dal ponteficato, e » quanto nella sua conditione gvanzi di possa e credito rispettivamente ogni cardinale ed » ogni prelato di tal natione, lo dimostra la cosa stessa. Ma quanto è stato il pubblico be-» nefìcio nella dignità del nome veneto e ne' vantaggi riportati dalla beneficenza di esso * pontefice, nel che V eccellentissima Senato s' è chiamato contento per sua benignità non » per motivi anco della mia deboi opera, altrettanto si deve deplorar la brevità del suo pon-» teficato et il corto spazio, c' han avuto le sue ationi per meglio risplendere. Nor\ sono pe-» rò mancate ad Alessandro Vili le solite reclamazioni. Ma quandi io rifletto a quelle » ch'ho sentito risuonare senza ritegno contro Innocenzo XI, il quale veniva accusato di » non dar udienza, d'asprezza, di crudeltà, dì inflessibile nemico de' Prencipi, di studiose