S. AGOSTINO dell’ ordine de’ predicatori. Fu anche detto che Paolo Manuzio corresse per quanto spetta alla lingua i Canoni e i Decreti del Concilio di Trento impressi da lui a Roma per la prima volta nel i564; ma il padre Girolamo Lago-marsini (a p. 9;) e seg. del voi. III. Epistolar. lulii Poggiani ) prova non esser vero, e che neque Manutius neque alius extra Concilium quisquarn Condili Tridentini illa acta per-scripsit. Cosicché, in quanto a ciò, altro merito non ha il Manuzio, se non se di averli impressi con assai diligenza. II Salvini ( Fasti consolari p. 186 ) ricorda che Paolo aveva avuto da stampare anche il Decamerone corretto per'or-dine del Concilio di Trento, e ciò nel i566; il che però non ebbe effetto, essendone stata fatta la prima edizione dall’ Accademia Fiorentina nel 1573. per li Giunti. Erano frattanto stati affidati alla sua disciplina alcuni giovani nobili e fra questi i due fratelli Arrigo e Camillo Gaetani figliuoli del principe Bonifacio, il quale Arrigo fu poscia Cardinale ; e il profitto che nella lingua latina fecero si riconosce dalle loro lettere che in numero di novantaquattro originali inedite si conservavano presso Giambati-8ta Catena senese uomo amantissimo della letteratura . Se non che non corrispondendo a tante fatiche gli utili che ricavava, malgrado le protezioni che aveva, fralle quali quella del Cardinale nostro M. Antonio da Mula, (Epist. VII. num. a5), peggiorata d’altra parte la sua salute, risolse di partire di colà, e tornarsi alla patria . Alcuni malevoli aveano sparso che il Manuzio era stato scacciato da Roma; ma egli assai pulitamente se ne difende in una delle sue epistole latine diretta a Iacopo Gorscio in data di Roma VI Kal. octob. 1569 (lib IX. num. i5) . In effetto lasciata quella città nel settembre 1S70, e venuto nel dominio Veneziano si ritirò a Pieve di Sacco luogo nel Padovano raccomandata frattanto la casa di Venezia alla moglie, e la stamperia al figliuolo Aldo,la qualeallora era situata nella parrocchia di san Paterniano ( Zeno XXIV ). Per meglio 55 però ristabilirsi in salute nell’ottobre 1671 risolse di fare un giro per l’Italia. Si portò a Genova* a Reggio, a Milano; e ripatriò nel maggio 1672. Aveva egli lasciata a Roma una figliuola in educazione. Desideroso di rivedérla, colà per la quarta volta si diresse fin dal giugno di detto anno, coll animo di ricondurla a Venezia- ed accasarla; ma trovato in Roma un buon partito la maritò nel febbrajo 1573. Frattanto la salute del Manuzio andava sempreppiu peggiorando, e-in fatti a Roma essendo, venne a morte nel 6 aprile • 574 (non 12 che ha il Ti-raboschi) come appare da una lettera di Aldo il giovane al Cratone, e come dicono e lo Zeno e il Renouard , d'anni" 61, mesi 9, giorn-26 nelle braccia del figliuolo Aldo che all’ ani nuncio della malattia del padre s’ era recato a Roma per tradurlo a Venezia . Fu interrato senz’ alcuna iscrizione nella chiesa de’ PP. Domenicani alla Minerva. Abbiamo l’effigie sua in varie delle edizioni Aldine. Essa è anche intagliata in rame in fine di un esemplare del libro lllustrium lureconsultorum lmagines. Hornae i5(>6. 4- che stà nella Marciana,leggendosi sotto pavlvs MAKrrirs- aldi. f. EH" è pure nel Museum Uistoricum et physicum dell’ Imperiali p. 107. Di una sua effigie fatta ad olio parla lo stesso Manuzio ( Epistolarum lib. IV. num. 8. num. 9. num. » 2.) Anche il Renouard ne ha riprodotta 1’ effigie, e il Rettoni nel voi. II de’Ritratti d'Illustri_ Italiani. Milano 1820. Meritamente chiamasi dagli scrittori il Manuzio insigne ornamento del suo secolo, della sua patria, della sua famiglia . Profondo nelle due lingue greca e latina, scriveva spezialmente in quest'ultima con una dettatura elegante e pura, senza quell’affettazione che si rimprovera ad alcuni dotti del suo tempo . Egli coll’assidua lettera e collo studio fatto sull’ opere di Cicerone se ne rendette cosi familiare la lingua e lo stile che lo converti in propria sostanza, tal che fu a ragione detto di lui: de quo viro inerito dubitari potest plusne ipse Ciceroni Veneziane p. 20) Gio. Gottlob Lunze (Accad. Veneta seu della Fama. Lipsiae 1801. 8.) Il Renouard (Annales des Aide. ediz. i8o3. T. II. p. 86. e supplim; p. 5g. edit. 1825. T. Ili■ p. i4y- e seg.) Il P. Pellegrini (T. XX.II. XXIII. Giornale di Padova 1808.) Michele Battagia (Accademie Venez. 1826. p. io.)-, dai quali autori si può trar notizia di altri che sullo stesso argomento poco o molto trattarono. Anche nel voi. II. p. 138. di questa mia Opera e altrove ho ricordata questa Accademia, e in questo mese di luglio i85o il suddetto sig. Cons. Giovanni Rossi ne tenne pubblico Ragionamento in una delle Sessioni dell' Ateneo Veneziano. '