0 10 non mi servirebbono essendo in quello con Matli. le cose che mi si rendono oscure. I>i Lipsio pur l’altro giorno parlai con un fiamin-go che mi considerò fredde le opere composte doppo che egli s’è composto co’ P. Giesuiti, et mi commendò alquanti giovani di Leida volendo c’ havessero relatione a Lipsio quale Scipione et Lelio a Terentio. Ma' quel Gilherto Anglese non fa professione di scrivere eruditamente, ma cose sode Della Calamita tutti quel- li che hanno toccato qualche cosa hanno balbutito, questa è il primo che ne scriva- Resta Lene qualche cosa da fare alla perfettione nondimeno, 1’ h-uomo et l’opera sono degni di eterna memoria ne credo che se V. S. Illma' consumerà qualche giorno legendolo sarà perduto. Nessuna produttione dei savii è più naturale secondo la dottrina di Socrate nel Convitto, quanto se si fanno ex.philosophia, perilche possiamo dire mai essere stato in Collegio in tanta perfettione essendo oltre quelli di Te traferro a nella mano del Conseglia il sig. Nicolò Contarmi, et il sig. Pietro Duodo, onde se si farà il solito Carnevale sarà come quel di Plu-tharco convivimi! sapientum. II freddo qui essendo stato acutissimo già 4 giorni si è rallenr tato, e non ci è speranza che presto debbia succedere l’istesso costi- Io non poteva manco le-gere che le spetie delli caratteri s’ aggiaciava-no prima che giongiere alla vista, fiora si può vivere . bascio la mano di V. S. Illma' . a quale prego Dio N. S. che doni ogni felicità. Di Venetia il a.o genaro i6o5. mo, cosi lontani da questo, come la notte dal giorno. Si vede bene che il tradur non e solo di chi sappia ambe due le lengue, ma di chi sii trasformato nell’ ingegno dell’auttore. Mi viene detto per certo che alla fiera prossima Laveremo P Eusebio di Scaligero, purché una cosa fattasi tanto desiderare riesca all’espettatione. Io resto pregando Dio N. S. per la prosperità di V. S. Illma et Rma, alla quale con riverenza bascio le mani. Di Venetia il ì. febraro i6o5. Di V. S. Illma et Rma Affo Serv. F. Paulo di Vinetia*. V. Aff. Servo F. Paulo di Venetia. IV. lllmo et Emo Monss padrone mio colen. Venendo costa il P. Baec. Dominico da Udine, a cui V. Sig. Illma1 ha fatto gratia dell* au-dienza de Agort, ho voluto accompagnarlo con questa mia per non tralasciar occasione alcuna che si mi presenti di farle riverenza. Qui siamo più nel verno che mai, et sepolti nella nebbia, onde le visite librarie dormono, io mi trattenga a leggere Plutarco di Jaces Amiot che mi pare p/ù bello di Plutharco stesso, et mi doglio che-non sii tradotto talmente da un Italiano, siamo in un gran mancamento senza quel libro, l’altro giorno feci un poco di coinparatione con l'Italiano del Ganciino, et col latino eh’abbia/- Alla ricevuta di quella di V. S. Illma' delli 9 io feci il debita ufficio con li signori Savj Mo resini et Mulla, quali ritrovai, et facili a ricevere la informazione et pronti ad adoperarsi conforme al desiderio suo. E certo cosa mara-vigliosa che cotesta città vogli da Lei altro che quanto si può fare. Quantunque andassero con-solennissima ambascieria a Roma non sono per ottenere altro, che quanto ella ottenerà con una semplice Lettera. Il tutto è richiedere cose fattibili, et servar il precetto Evangelico nel fabbricare la Torre. Intendo da tutti li capi, che se cotesti Gentiluomini dimanderanno di andar a Roma, non diranno cosa grata al Collegio, onde mi pare che debbia star sicuro. Ho differito il rispondere alla sudetta sua, aspettando narrarli qualche cosa di risoluto; ma dovendo partire per Padova non ho voluto prolungar più. De re litterarìa; è venuto il Catalogo, dove mi par vedere poco di buono. Scaligero et Lipsio dormono. Casaubono ha mandato fuori cinque scriU»ri Historiae Augusfcae, et quelle Vite delli piccoli historici et ultimi. Un tal Mesingero manda un Thesaurus Polyglottus linguarum 4'->o» numero molto terribile a quello che il libro è in 8.° Credo al Proverbio: Parturient montes ec. et qui faccio fine, et con riverenza le bacia la mano. Venezia 24 marzo i6o3. Di V. S. Illma' et Revdma" Aff. Serv. F. Paulo di Vinetia.