S. AGOSTINO Querìni, era slato fin dal i3oo condannato dal Consiglio di XL a rifondere nel pubblico erario una somma che nel 1299 usurpato aveva nel reggimento di Modone e Corone Di questa condanna sospettò egli che il doge Gradenigo fosse stato principale motore. Quindi giurogli un odio implacabile avvalorato poi anche dalla circostanza, che sebbene dopo la morte del doge Giovanni Dandolo fosse stato dal popolo proclamato successore Jacopo Tiepolo padre di Boemondo, pure venne escluso dagli elettori i quali scelsero il detto Pietro Gradenigo. Uomo avido di vendetta e nel tempo stesso di gloria, non contentavasi di tener in se il mal animo contro il doge, ma andava spargendolo massimamente nel popolo facendogli vedere come dalla nuova introdotta forma di governo i popolari erano stati esclusi dal consiglio, e come non potevano più aspirare ad alcuna dignità nella Repubblica ; e in cotal modo cercava di cattivarsi la loro grazia e il loro amore onde a un bisogno potersene valere. E sebbene Boemondo non fosse stato escluso dal Maggior Consiglio (siccome contra 1’ asserzione del Sandi ha bene riflettuto il Tentori, T. V. p. 255. a54) , e quindi potesse intervenirvi, nondimeno, disgustato per le sopraddette cagioni viveva per lo più lungi da Venezia, standosi o nella Schiavonia presso i parenti di sua avola paterna ch’era figliuola del Re della Rascia, oppure nel castello di Marocco poco lungi di Mestre nella Marca Trivigiana. Ardevano allora per la guerra di Ferrara, cominciatasi fin dal 1807, molti dissidii fra’Veneziani, perchè alcune famiglie eran del partito che si dovesse sostennìa, altre che si dovesse invece restituire la città al Papa Questi dissidii fecero divider i Veneziani in due partiti, 1’ uno detto de’ Guelfi l'altro de’ Ghibellini. Il doge Gradenigo eh’ era de’ Ghibellini, nimico del pontefice a-reva insinuata questa guerra; e alcuni delle famiglie Querini, Tiepolo, Doro, Barozzi, Ba-doer eh eran de Guelfi sostenevan la contraria opinione. L’esito infelice che poscia ebbe la guerra stessa, e contrario all’ opinione sostenuta dal Gradenigo e dalla sua fazione, e alcune private ingiurie contra alcuni de’ Querini non 29 vendicate né punite dal doge, accrebbero il male umore a tal che i Querini, capo dei quali era Marco (che aveva abbandonata Ferrara senza 1’ assenso della Signoria), deliberarono una congiura contra la persona del doge, e il partito suo. Marco fattosi capo de"Guelfi,per a-vere un forte sostegno nella impresa, fece venire a Venezia suo genero Boemondo Tiepolo, e comunicatogli il progetto, lo accettò, e fece si che con loro associaronsi molti di altre case Qtiirini, Barozzi, Doro, Badoeri, 'iiepolo, ed altri tra nobili, cittadini, e plebei il fa\ore dei quali, come si è detto, il Tiepolo assai godeva. Nè questi soltanto furon con essi, ma concorsero parecchi fra quelli Padovani e Trivigiani che noti erano per il loro odio verso la repubblica lor confinante. Combinate le cose, nella notte 14 venendo al 15 givgno del i5io partitosi Boemondo dalla svia casa posta in questa parrocchia di S. Agostino andò co’ suoi seguaci a S. Matteo di Rialto alla casa del suocero Marco Querini, e da questa partirono recandosi all’ufficio delli Cinque alla paté. Quivi bruciarono le Scritture che riguardavan condannati e banditi; indi passati al Magistrato del Formento, rotte le porte, s’ impossessarono del danaro. Ciò fu permesso dal Querini e da Boemondo si per rendere contenti i plebei loro complici, e si per guadagnar tempo e aspettare l’arrivo da Padova di Badoer Badoer uno de’ principali autori della congiura (1) che colla sua gente concorrere doveva all’ impresa. Ma ella è opinion degli storici che il tempo che in cotesto saccheggio perdettero tornò a lor danno, perchè, come diremo, la parte contraria ebbe più agio intanto di porsi in sulle difese. Cominciava 1’ aurora del giorno 15, quando i congiurati diretti dal Tiepolo passatoi! ponte di Rialto s’incamminavano per la strada detta la Merce-ria verso la piazza di s. Marco mentre quelli, di cui era capo Marco Querini, avean presa 1’ altra strada che dal ponte del mal passo ( ora detto de’ Dai ) metteva nella stessa piazza . Ma le trame non poterono essere cosi segrete che e il doge e i partigiani suoi e la gente tutta non se ne fosse accorta . Alle grida de’congiurati che sclamavan morte al doge Gradenigo e a’ (1) Il Caroldo, il Morosini, il Tentori e altri dicono che questo Badoer Badoer /cmó podestà di Padova ; ma non lo dicono nè il Caresini, nè il de Monacis, nè il Sanuto, e non lo veggo registrato nella serie de’ Podestà di quella città dataci dall' Orsato e dal Salomonio. Kgli era un privato spedito in Padova, e a Peroga, ove aveva i suoi beni, onde raunar gente. Il haugier malamente lo chiama Marco Badoer.