26 Nelle descrizioni di viaggio parla sempre e spesso con nostalgia del suo paese natale constatando di non aver mai fino allora trovato la natura più bella che « in quell’angolo della Transilvania, da noi, nella culla della schiatta romena » (1), ma rivela, anche, come vedremo-, il suo acuto spirito di osservazione e di critica per tutto ciò che vedeva dandoci originali brani di vita e descrizioni di luoghi e di cose, colorite qua e là di ironia e di arguzia. 2. Da Vienna partirono per l’Italia, « che tutti dicono essere un paradiso terrestre » (2) e la prima città che visitarono fu Milano, donde scrisse una lettera nel gennaio 1839 premettendole un motto tolto da Dante (3). Dopo aver raccontato che i Milanesi gli davano del (( signor abate » considerandolo il cappellano della Corte del Voda per il suo abito lungo fino ai piedi e per la chierica sulla testa, effetto di una bruciatura, dovuta, nella tenera infanzia, aH’incuria della bambinaia Sanda (4), ci dà le sue prime impressioni sull’Italia (5) : « Mentre i Bucarestesi cantano « Dàmbovita, dolce acqua » (6) e i Magiari « Extra Hungariam » (7), gli Ìta- (1) Cfr. Ibidem, p. 25. (2) Cfr. Ibidem, p. 30. (3) « Ohi I il bel paese, Che l’Appennin parte Il Mar circonda, e l’Alpe ». Cfr. ibidem, p. 31. (4) Cfr. Ibidem, p. 31. (5) Cfr. Ibidem, pp. 31-4. (6) Si tratta del noto detto : « Dàmbovita, dolce acqua, chi ne beve, non se ne va più », con cui si vuol mettere in rilievo il grande fascino di Bucarest. (7) Il detto completo è : « Extra Hungariam non est vita : si est vita, non est ita ».