— 75 — conclude che la Gran Bretagna non può fare a meno della nostra cooperazione terrestre, e che l’intervento del XI e XII Corpo d’armata italiana sarebbe una vera fortuna per il Regno Unito in caso di conflitto contro la Francia o la Russia. Non molto dissimile è il giudizio del Carignani (*) e della maggior parte degli italiani, ma la guerra contro il Sudan, l’ultimatum di Fashoda ed il recentissimo accordo anglo-francese dimostrano che l’Inghilterra ha nelle sue mani ben altri strumenti risolutivi della questione egiziana ed africana che non siano i nostri due corpi d’esercito. Non intendiamo già affermare che l'Inghilterra sdegni la nostra cooperazione territoriale e che non sappia proprio che farsene, perchè le situazioni politiche e militari che nel 1878 e 1882 la indussero a farci proposte di cooperazione potrebbero rinnovarsi, intendiamo solo stabilire che il nostro potere territoriale rappresenta per l’Inghilterra una utilità eventuale e problematica, mentre il potere marittimo inglese guarantirebbe l’esistenza e la prosperità dell’Italia. Se il do ut des è la base delle alleanze dobbiamo convenire che abbiamo assai poco da dare e molto da ricevere, e dobbiamo anche riconoscere che, se l’Inghilterra prima e dopo il nostro risorgimento ha fatto il possibile per aiutarci, per tutelarci nei momenti difficili, come nel 1870, nel 1887 e 1893, per metterci sulla buona via della redenzione economica e politica, noi abbiamo certamente fatto il possibile per alienarci, come fanno i ragazzacci capricciosi ed impertinenti, con sdegnosità e rifiuti le simpatie di chi, con grande longanimità, continua a confortarci e proteggerci. (*) G. Carignani - L’Italia, l’Inghilterra e la Triplice - 1894.