elle prime ore del pomeriggio del 23 feb- braio 1924, l’Assemblea Costituente aveva appena aperto una delle sue sedute quando nel salone delle adunanze ci giunge il fragore di tre colpi di rivoltella: il primo, e poi, a distanza di alcuni secondi, due altri colpi quasi simultanei; poi, ancora altri colpi, disordinatamente. L’Assemblea è sorpresa, interdetta. Passano pochi attimi, ed ecco la porta si apre ed entra A. Zogu. Ha la fronte corrucciata, la rivoltella in pugno; volge l’occhio lampeggiante a destra, verso la tribuna del pubblico; egli sosta, un attimo; ecco: si avvia, calmo, a uno dei banchi del centro, a destra della Presidenza, siede. Cadono ai suoi piedi alcune goccie di sangue. Un sicario, giovane non ancora ventenne, studente, protetto e aiutato dalla famiglia Zogu, istigato dal settarismo di politicanti che gli avevano sradicato dall’animo ogni sentimento di doverosa gratitudine e gli avevano armato la mano, appostatosi sulle scale che dalla Presidenza dei 85