IL RE DEGLI ALBANESI lirante di entusiasmo, ma corse nel Palazzo ch’era stato del Principe di Wied, di proprio pugno issò di nuovo la bandiera nazionale e telegrafò al popolo di Elbasan con cesareo stile: « Oggi abbiamo di nuovo inalberato la bandiera sul Palazzo del nostro Re, a Durazzo. Ritorno a Sciac (Shijak). Domani partirò per Elbasan. Le truppe attendano il nostro arrivo ». Si rimise in moto. Ovunque passava erano accoglienze di esultanza. Egli issava di nuovo dappertutto la bandiera nazionale : la Patria era ridotta — è vero — ad un corridoio a semicerchio di aquile, da Durazzo a Elbasan, attraverso Kavaja e Peqin: un corridóio, ma era pur sempre !a Patria. Ad Elbasan — 16 febbraio 1916 — non si fece addormentare dal delirio di gioia che l’aveva accolto, ma per far fronte a tutte le evenienze e per poter dire alle truppe bulgare, che si avvicinavano, che non v’era nessuna ragione politica, militare e giuridica di far violenza alla bandiera nazionale d’Albania, issò anche là il vessillo di Skanderbeg, costituì un’Assemblea nazionale provvisoria, organizzò i servizi di Stato mancanti, migliorò e completò per quanto fosse possibile gli esistenti, e si mise a capo di un Comitato che preparasse per il 18 marzo una grande Assemblea nazionale definitiva che dirigesse i destini 46