27 Nel 1779, il tenente colonnello von Geitner chiedeva un palco per le mogli degli ufficiali, non trovando conveniente che sedessero in platea; gli fu risposto che'ciò non entrava negli usi dei teatri delle c. r. provincie e che era già stato assegnato un palco di prim’ordine al maggiore di piazza Denaro.'1 Tuttavia, per dare una piccola soddisfazione ai signori ufficiali, furono riservate alle signore le prime file degli scanni, come si soleva fare nei teatri milanesi. Nel 1793 c’erano 6 file di « Scagni da sedere con sue separazioni che formano N. 34 posti per li Uffiziali ».2" Al Teatro nuovo, il privilegio si restrinse alla prima fila, ma l’esempio delle consorti degli ufficiali non modificò menomamente l’astensione delle altre signore, constata il Kollmann; e ciò è ben comprensibile, perchè i cittadini evitarono sempre il contatto con l’i. r. esercito.2. Le signore che non potevano contare sull’ospitalità di qualche palchettista, piuttosto che sedere in platea, rinunciavano allo spettacolo. « Il costume non permette a donna di stato civile il frequentare il teatro altrimente che avendo un palco », scriveva il 7 febbraio 1822 la signora Gioseffa Languider nata Sauter, chiedendo la concessione d’un palco alla Direzione del Teatro Grande, com’era stato denominato nel 1819 il Teatro Nuovo.28 Non si poteva pretendere, naturalmente, che gli spettatori della platea fossero più contegnosi di quelli dei palchi. Chiacchieravano forte, chiassavano, sfogavano il malcontento picchiando coi bastoni, o, quando volevano dimostrare la loro ammirazione per una virtuosa, applaudivano fragorosamente, gridando; «Fora, benedetta! » finché l’artista si presentava alla ribalta per ringraziare.2’ Un garzone del caffè girava offrendo acqua fresca e caffè. Si faceva un gran consumo di mele, di pere, di castagne, di « storti » (cialde), che, come a Venezia, venivano venduti all’ingresso. Il « jus di far vender le Castagne alla porta del Teatro » era stato accordato ad un certo Antonio Ma-rinz, il quale accumulava già le cariche di portinaio del teatro, di bollettinaio, di riscuotitore degli affitti dei palchi, senza contare che veniva impiegato ancora « in moltissime cose )>.3“ Avrà venduto inoltre i libretti d’opera e, probabilmente, anche le candelette indispensabili per poter leggere, essendo la sala immersa in una quasi-oscurità, onde far risaltare maggiormente l’illuminazione della scena : e le fiammelle delle candelette, che punteggiavano l’oscurità, davano l’illusione di trovarsi in una chiesa, a compieta, e di veder gente immersa nelle orazioni.“