56 1766 vano tutte le loro speranze ad un ricorso, datato 17 gennaio 1766, nel quale espongono le loro disavventure : « Dalli qui ochiusi punti di Contratto — scrivono — risulta verso quali condizioni adossatd si siamo l’incarico di dare un Opera all’occasione della venuta in Trieste del Re de Romani or Augustissimo Regnante Imperatore; Lo che per parte nostra tutto fu adempito con com.ne satisfazione, e generose spese, come senz’altro consta all’Ecc. Intend.a ma la funesta morte dell’Aug.mo Imperatore Fran.co p.mo impedì la sud.a felicissima, e gloriosa venuta ed ha inte-rotto il corso de spettacoli. L’inibizione de spetacoli fù eziandio accompagnata colla diffesa de giocchi d’azardo talché cessata la risorsa, che ci viene promessa nel punto 30 del Contrato, cioè di poter gioccar un tempo determinato, e proporzionato per poter rifare le spese incontratte. In tal stato di cose, prendiamo il partito di annetter il compiegato Conto... ». Dalla « Nota delle spese occorse p. l’impresa dell’Opera in Musica che rapresentar si doveva nello scorso anno 1765 », come dalle allegate ricevute, risulta che la Marini ricevette zecchini veneti 22, il Folicaldi, 17 e il maestro Arcari, 15. Gl’impresari chiedono un risarcimento e aggiungono: « Per dar nuova capara del nostro buon animo di servir l’Ec. Dicastero s’offriam pronti di rilevar il Teatro da Impresari verso prezzi onesti, e con ciò risparmiar un secondo abbonam.to alla Ces. Reg. Cassa non solo, ma anco in ogni minuto verso oneste condizioni contribuir allo ristabilimento de Pubblici Spettacoli in Trieste ». e si firmano bizzarramente, « Gl’impresari dell’opera il Rè de Romani ».4 Inaridita l’unica fonte sicura del Teatro, non si trovò più alcuno che volesse assumerne l’impresa e si dovette annullare anche i vecchi contratti. Fortunatamente era allora direttore teatrale il barone Francesco Saverio de Kònigsbrunn, amantissimo degli spettacoli lirici, special-mente. Nativo di Graz, era entrato, ventiquattrenne — nel 1754 — come praticante all’intendenza; cinque anni dopo era stato nominato consigliere, e in tale qualità gli era stata affidata la sorveglianza politica sul teatro. Egli, col concorso dell’intendenza e personalmente tentò dunque di salvare il Teatro di S. Pietro dalla fine ingloriosa.5 L’occasione si presentò subito. Dal 23 settembre 1765, Giuseppe era divenuto correggente. Le festività, ritardate dal lutto, ebbero campo di manifestarsi specialmente nel marzo del 1766: il 13, Giù-