98 vari e Elena Paganini, mi sono 'sconosciute. Francesco Argante, o veramente Franceschini, aveva ereditato il nome di battaglia del padre Antonio (lo « strepitoso Argante » del Goldoni), morto a Praga nel 1755. Recitava da Pantalone « sapendo le Commedie all’improvviso felicemente a memoria ».” Francesco Majani, che in addietro s’era fatto molto applaudire come « padre nobile » per la sua bella presenza ed il portamento maestoso, avanzandosi in età (nel carnevale del 1778 morì in età di 60 anni), s’era posta la masdhera del Brighella.72 II Dottore era rappresentato da Luigi Mazzocchi. « Benché gli manchi l’accento del dialetto Bolognese », osserva il Bartoii,'3 (il Mazzocchi era Mantovano), « pure s’ingegna di sostentare quella Maschera con sufficente abilità. E’ uomo fornito di’ qualche cognizione intorno alle Lettere; ed occorrendo sa recitare ancora in parti serie nelle studiate Rappresentazioni ». L’Arlecchino, finalmente, veniva impersonato da Giovanni Fortunati, detto Toto (per la sua piccola statura veniva chiamato trotola). Egli era uno dei tanti precursori di Leopoldo Fregoli; rappresentava alcune commedie « nelle quali si trasforma in diversi Personaggi cantando canzonette, parlando varie lingue, giocando la bandiera, ed eseguendo altre bizzarrie capricciose, e piacevoli ». « Oltre il personaggio dell’Arlecdhino, esprime anche altri caratteri senza la Maschera nelle Commedie studiate, eseguendoli con grazia, naturalezza, e precisione », dice il solito Bartoii.'4 Il Paganini, del resto, non era fautore dei « ruoli fissi »; «• si dispensa le parti a chi stano bene », scriveva egli alla Presidenza del Teatro Nuovo di Padova.75 Il giorno prima deU’esordio, Anna Paganini, « belle femme... avec ses cheveux poudrés de poudre jaune »,76 andò ad ossequiare il Governatore, accompagnata dall’Arlecchino. Le recite, iniziate il 15 ottobre, si protrassero probabilmente fino alla metà di dicembre, con la parentesi d’un concerto dato il 24 ottobre. « Academie de musique à cause d’un Violoncello extrêmement habile, nommé Pietragruba, qui traite son instrument aussi délicatement qu’un violon, il en touche divinement bien, lui fit produire les plus beaux sons ».77