32? prossimo carnevale, e al principio dell’anno 1798, quello dell’opera seria d’autunno. Si volle anche rilevare lo stato dello Zardon, che dicevasi caduto in tale debolezza di mente, che lo rendeva « inabile ad accudire alli proprj affari, segnalatamente a quelli deH’impresa di questo publico Teatro ». Lo Zardon e « li due publici giurati Medici, Proto-medico Dr. Ignazio Reyss e Dr. Domenico Rondolini » furono invitati a comparire il 30 agosto nell’ufficio del C. R. Giudizio Civile e Provinciale. Ma il fante, incaricato della citazione, trovò l’impresario a letto, e i medici furono del parere che un esame dello Zardon, che converrebbe ripetere più volte, « potrebbe facilmente metterlo in confusione, ed imbarazzo tale, che non lasciarebbe formare un vero, e giusto giudizio intorno il suo stato » e si riservarono di consultare « il Medico ordinario d’Antonio Zardon, e la Persona, che accudisce alli di lui affari ». Il lettore avrà osservato che negli ultimi anni, le autorità viennesi avevano cercato di dar maggior pompa e solennità ai festeggiamenti di carattere politico o dinastico, e specialmente a quelli fatti per l’onomastico deH’imperatore; vollero perciò che l’apertura del Teatro coincidesse con questo giorno. Ma se nel 1796 ciò non era stato possibile, cadendo il 4 ottobre di venerdì, non lo fu nemmeno nell’anno seguente, causa certe difficoltà sorte all’ultimo momento. Si volle eludere la richiesta? E’ più che probabile, perchè il desiderio delle autorità rimase inappagato anche negli anni appresso. E YOsservatore dovette rassegnarsi a stampare : « L’Opera seria non potè prodursi per non essersi potuto allestire le decorazioni; ma fuvvi publico Ballo nobile nella Sala del Ridotto ».5‘1 Come prima opera, si diede Elfrida/’5 musica del Paisiello su parole di Raniero de’ Calzabigi. Dopo l’insuccesso de\YAlceste glu-ckiano in Italia, il poeta aveva dovuto riconoscere che i tempi non erano ancora maturi per opere di tal maniera ed era tornato all’opera all’italiana ». Ma, piuttosto che imitare i drammi metastasiani, si accostò alla tragedia greca. All’abbandono dei cori, aveva cercato di riparare con l’introduzione dei pezzi concertati. Stimò superflui i passaggi e i ritornelli nelle arie e legò i cantanti « alla sola espressione della parola dalla naturai melodia sua diretta, e da’ tocchi dell’armonia rinvigorita » ritenendo impossibile per il cantante di « far uso del gesto mentre gorgheggia e di esprimere la passione nel volto e