386 Gambuzzi, « uomo non meno pregievole per i suoi talenti nell’arte del Ballo, che per la nobiltà delle sue maniere, e de’ suoi sentimenti »,37 si guadagnò presto le simpatie dei Triestini e la benevolenza della Direzione teatrale. Quando nel 1811 l’intendente Arnaud, che non lo conosceva, volle cancellarlo dallo Stato attivo e passivo del Teatro, la Direzione lo descrisse come « un vecchio benemerito impiegato di ottima condotta, il quale come direttore della danza alle publiche feste di ballo, gode già da 42 anni una piccola pensione della Cassa del Teatro » e lo raccomandò alla grazia e beneficenza di Sua Eccellenza.38 Un altro provento gli veniva dal Casino vecchio, che nel 1815 aveva ripreso l’attività interrotta per qualche anno, dal Casino nobile di S. Pietro, presso il quale era stato maestro di ballo. Nel 1816, benché vecchissimo, fu riconfermato per dirigere le danze sociali, e nel 1820, in premio dei « lunghi servizi » fu dal Casino stesso gratificato « di fiorini 100 una volta tanto e di fiorini 5 per ogni sera di ballo, vita naturale durante, anche se non avesse potuto prestare la sua cooperazione al ballo ».39 Anche la Presidenza sopra il Teatro trovò, nel 1818, giusto di conservare « al benemerito rispettabile professore sig. Gambuzzi giunto in alta età, il trattamento che godeva a tutto aprile 1810.4“ Il dott. Frizzi avrebbe potuto citarlo a prova della sua asserzione, che il ballo giovi alla conservazione, perchè il Gambuzzi morì il 9 agosto 1831.41 Nell’anno stesso che veniva scritturato il Gambuzzi, « vari Protettori e Conoscenti stimolarono il Maestro di Ballo e Scherma Martino Juritsch a trasferirsi in quest’inclita Città », come dice un avviso, che preludiò a un secondo. « Per la metà del mese prossimo venturo di settembre, — è detto in questo — produrrà Martino Jurich Maestro di Ballo dimorante in Trieste diverse differenti nuove Contradanze all’inglese nella Casa detta Rossa in primo piano, due volte la settimana, cioè la Domenica dalle ore 4 fino alle 8, ed il Martedì dalle 6 fino alle 9 dopopranzo. Viene perciò ciaschedun amatore di questo Ballo avvertito e supplicato di comparire a suo tempo al luogo predetto. In oltre promette detto Jurich una buonissima musica ».42 Nel carnevale del 1791 la Direzione di Polizia emanò un’ordinanza severa contro quelle maschere, che, nonostante i precedenti divieti, persistevano a mostrarsi. « MASCHERE PROIBITE. - Da parte del Ces. Reg. Capitanato Circolare e Direzione di Polizia di questa Città e Portofranco di Trieste vien fatta noto al Pubhco che non sarà lecito ad alcuna persona di qualunque stato, grado, condizione, e sesso il comparire ne’ publici Balli con maschera lasciva, ovvero schifosa; e nemmeno con maschera di Arlecchino. Chi contraverrà a quest’Ordine preciso, verrà, senza riguardo alcuno, arrestato, e punito secondo le circostanze ».43 L’impresario de’ balli Pietro Antonio Boccasini protestò contro l’esclusione dell’Arlecchino, la maschera più divertente e popolare, non sanzionata da un decreto governativo, nè resa nota all’incanto dell’impresario. La risposta fu salomonica: «Riguardo la maschera dell’Arlecchino: se è stata pubblicata un’ordinanza, deve attenervisi, se no, seguire l’uso finora costumato ».44 Nel 1793 assunse l’impresa dei Balli Bonaiuto Calimani, il quale volle