210 Württemberg si diede l’opera « con l’illuminazione a cera di tutto il teatro ».“ La seconda opera fu Una cosa rara, ossia bellezza e onestà.‘ Il Da Ponte ne parla diffusamente nelle sue Memorie. Per far cosa grata al maestro Martini e all’ambasciatrice di Spagna, protettrice di questi, mise in versi La luna de Sierra di Luis Velez de Quevara (non del Calderon, come dice). « Il soggetto del dramma era semplicissimo. L’infante di Spagna s’innamora d’una bellissima serrana. Essa, innamorata d’un serrano e virtuosissima per carattere, resiste a tutti gli assalti di quel principe, e prima e dopo le nozze. Intitolai dunque l’opera Una cosa rara, ossia bellezza e onestà, corroborando quel titolo col famoso verso del satirico: Rara est concordia formae atque pudicitiae ».7 La prima buffa aveva cantato in quest’opera alla Scala e al Teatro di Monza l’anno precedente. Agli artisti già nominati si aggiunsero due: un « altro Buffo caricato», Andrea Chiappini e una « seconda Buffa » Vincenza Ponticelli, richiedendo La cosa rara otto esecutori oltre il coro.8 La stagione si chiuse il 5 febbraio, ultimo di carnevale. S’erano fatte intanto sempre più insistenti e più positive le voci di guerra, e i provvedimenti che venivano presi toglievano le speranze anche agli ottimisti. Mentre i giornali strombettavano eroicamente: « Tutta Vienna, e seco i veri estimatori del merito esultano alla considerazione delle belle imprese guerriere, che giustamente aspettansi dal prode Feld-Maresciallo Laudon... », il commercio incominciava a provarne le conseguenze, interrompendosi la spedizione delle merci « sul timore di qualche nemico incendio o devastazione turca ».” Ma i negozianti potevano dimenticare le loro preoccupazioni a teatro. L’impresario Zardon prometteva il Giulio Sabino 10 del Sarti con artisti di cartello. Questo dramma eroico era il capolavoro del maestro faentino; da quando era apparso alla ribalta aveva ottenuto ovunque un tale incontro, ch’era divenuto « l’ancora di salvezza per gl’impresari d’opere serie ».“ « Si racconta poi che l’entusiasmo e il discorrere per il Giulio Sabino furono tali nelle principali città d’Italia, che sor-sero questioni clamorose e dispute pei caffè e per le piazze sul merito dell’opera, ed anche su quello dei tre artisti tenori Pacchierotti, Mar-