28 'L'Inventario già citato, elenca i « ferali » per l’atrio, gli anditi e le scale, ma non comprende l’illuminazione della sala; risulta però dal Diario dello Zinzendorf, ch’era la solita dei teatri italiani. Dal soffitto pendeva il lampadario, detto venezianamente ciocca, e i palchi venivano rischiarati da ventole, che d’ordinario reggevano due candele. L’orchestra aveva « busie con Late », cioè bugie con paralumi di latta. Nelle festività e, come detto, per le beneficiate, il teatro era illuminato « a giorno » : si appendevano lampadari, si applicavano « cornucopj » a tutti gli ordini, si abbellivano i palchi con braccialetti di cristallo; si moltiplicava il numero delle candele e quelle del lampadario, di sego, venivano sostituite con altre di cera. Ho detto « beneficiate » e non « serate d’onore » : d’applausi soltanto non si vive, era il concetto che sfrontatamente esprimevano i Truffaldini e velatamente le virtuose, negl’inviti in versi o in prosa, stampati su seta, o più economicamente, su carta colorata, che i seratanti andavano personalmente a portare alle autorità, alle persone maggiormente in vista per cariche o per censo, il giorno prima della rappresentazione. In tale occasione i prezzi venivano di solito aumentati; in tutti i casi, « non si limitava la generosità degli spettatori ». Nella sera annunziata si apparecchiava nell’atrio una tavola, coperta col miglior tappeto disponibile, e con sopra un bacile d’argento (o quasi) fra due doppieri accesi. Accanto alla tavola si metteva il seratante, vestito e truccato per la rappresentazione. Gli spettatori erano in questo modo quasi costretti di lasciar cadere, come segno tangibile della loro ammirazione, qualche moneta sul bacile. In compenso avevano la soddisfazione di vedersi pubblicamente ringraziati da Artaserse o da Semiramide, con un sorriso, con un inchino. E non solo monete d’argento e oro brillavano sul vassoio, ma anelli, braccialetti, medaglioni, tabacchiere : tributo non scevro d’ostentazione di ricchi mercanti. Nei palchi venivano poi distribuiti sonetti in onore del beneficiato, nei quali l’iperbole e la mitologia erano di rigore; altri sonetti venivano lanciati dal loggione in platea. Comici e cantanti e ballerini, badando piuttosto al loro utile, che alla loro dignità, mantennero questa umiliante usanza fino alla metà dell’Ottocento. Fra i primi ad abolirla, fu la Compagnia Reale Sarda, che con contratto del io dicembre 1831 vietava « l’uso del Bacile alla porta ».s2