3i9 pennello viennese. Cotesta Sala era illuminata a giorno con Lampadari, e similmente lo era la Platea, con numerosi Cornucopj in ciascuno degli ordini ».SI L’Osservatore Triestino stampò una lunga relazione della serata, riportando ancora la versione italiana dei Voti publici, e ne diede pure notizia la Wiener Zeitung.32 Andata a monte l’opera eroica di quaresima, si diede invece una stagione d’opera buffa, che pur questa volta si disse « di primavera ». Si ricorda un’opera sola — forse l’unica data —: Il furbo contro il furbo,33 una novità del Fioravanti, rappresentata per 35 sere a Venezia. Uno degli esecutori, il primo mezzo carattere Luigi De Sanc-tis venne scritturato per Trieste. Fra gli altri artisti c’era il buffo Brocchi, del quale il Frizzi diceva : « E’ un gran Buffo, à buona voce, e un ottima Scena ».3J Primadonna era Carolina Danti, brava e bella, a credere ad un sonetto « Ma chi dirà come al soave canto Del tuo volto il potere, e di tue vaghe Luci s’aggiunga l’amoroso incanto? ».35 L’incanto, ahimè, fu presto rotto dallo strepito delle armi. Il 16 marzo, i Francesi avevano passato il Tagliamento; l’arciduca Car- lo era stato costretto a ritirarsi dopo parecchie ore di combattimento. Aveva ritentata la sorte a Tarvisio, e questa volta la sconfitta era stata decisiva. Il 19, i generali Bernadotte e Sérurier conquistavano la piccola fortezza di Gradisca. Queste notizie portarono lo spavento in Trieste, tanto che — come scrive il Mainati — « sembrando di vedere già l’inimico entrare impetuoso con mano armata in città, saccheggiare le case, uccidere le persone, e fare del tutto un esterminio, vennero chiuse tutte le botteghe, moltissimi di ogni ceto e condizione si diedero ad una precipitosa fuga, molti per terra verso Fiume, altri per mare, senza sapere nemmeno il destino, ov’erano dirette, portando seco il meglio delle loro sostanze. Vi furono delle donnicciole, dhe condussero la loro gatta, ed altre fino la cenere del focolaio ». Un tal terrore è spiegabile: L’Osservatore, come le altre gazzette, del resto, aveva dipinto l’esercito francese come un’accozzaglia di banditi, di pezzenti, di diavoli incarnati. Nella notte dal 22 al 23, giungeva il commissario francese Felice Campana con una lettera del generale in capo dell’Armata d’Italia Bonaparte, diretta al Magistrato, nella quale annunziava « che