246 suetudine al Nuovo, e con opera o commedia nella prossima estate »... Ed inoltre, se fosse piaciuto allo Zardon, « avrebbe potuto aprire il teatro per opera seria nell’autunno ». Ma il Nuovo oppose uno spettacolo d’eccezione con la diva Luisa Todi; perciò lo Zardon si indusse a non correre il rischio, e quindi, mancata la prima parte del programma, l’impresario rinunciò al resto, « eccetto che alla solita stagione d’opera buffa in autunno ».23 Il nuovo impresario esordì promettendo tre drammi giocosi: Il Conte di Bell’umore del Cimarosa, Lo Studente bizzarro del Paisiello e un terzo da destinarsi.241 musicofìli però cercherebbero invano queste opere fra le composizioni dei due fecondi maestri. Il poco scrupoloso impresario abusò della celebrità dei loro nomi per attirare il pubblico a teatro.25 Mediocri gli esecutori; la prima buffa Marianna Dragon, che dopo Trieste passò a Padova, piacque sì e no; il primo buffo Antonio Tilotta retrocesse l’anno dopo a secondo... e non si fermò lì in seguito! Verso i primi di luglio giunse a Trieste l’abate Lorenzo Da Ponte, in tristi condizioni. Uomo bizzarro, ch’ebbe una bizzarra esistenza. Si chiamò Emanuele Conegliano e nacque il 10 marzo 1749 nel ghetto di Ceneda (oggi Vittorio Veneto); passò al cattolicismo nel 1763 assieme a tutta la famiglia, quando suo padre volle riammogliarsi con una cattolica. Preso il nome del vescovo che lo aveva battezzato, e da questo favorito, Lorenzo entrò in un seminario. A 24 anni è abate. Il suo spirito gli concilia presto protettori, ma la testa matta ancor più presto li disgusta. Perde il posto d’insegnante a Treviso per certe poesie, che rispecchiano certe idee sovvertitrici del Rousseau; si fa scacciare da Venezia per intrighi con donne. Allora si rifugia a Gorizia (estate del 1779), dove le sue odi e i suoi capricci poetici gli procacciano mecenati, come i conti Guidobaldo Cohenzl, Rodolfo Coro-nini, Luigi Torriano, Alessandro d’Attems. E quando questi signori fondano la Colonia sonziaca dell’Arcadia Romana (8 agosto 1780), il Da Ponte ha l’onore d’esser ascritto come quinto, sotto il nome di Lesbonico Pegasio. Senonchè il Da Ponte, incapace di frenare la sua lingua e la sua penna, s’inimica con satire il segretario dell’Arcadia, Coribante Tebanico, al secolo Giuseppe de Coletti. Questi si vendicò (così le Memorie) giuocando un brutto tiro al confratello. Gli fece pervenire una falsa lettera di Caterino Mazzolà, poeta dell’Elettore di Sassonia, con l’invito d’andare a Dresda; e il Da Ponte, nulla sospet-