95 la prima donna e la prima attrice scambieranno i loro titoli) era Teresa Montini lodata (miracolo!) dal Piazza/2 che in compenso, è feroce con Caterina Bresciani. « Per fare da madre e da nonna, v’era la famosissima e celebratissima Ircana, che fece tanto romore, ne’ tempi andati. Quella parte che tanto onore le fece, non la rinunzia ad alcuna, nemmeno se la volessero scorticare. Colla tremante sua voce, asserisce che il Goldoni l’ha fatta per lei, e che non deve cederla mai.53 E, infatti, ella volle presentarsi anche a Trieste in quella parte che un quarto di secolo prima le aveva valso il nome d'Ircana famosa.54 Ma « nelle parti di Madre facevasi onore, ed era dagli uditori apprezzata », dice il Bartoli; e il Goldoni05 « Madame Bresciani mal-gré son accent Toscan, avoit si bien saisi les manieres et la pronon-ciadon Vénitienne, qu’elle faisoit autant de plaisir dans les Pieces de haut-Comique que dans celles du plus bas ». Rimasta vedova, aveva sposato un figlio del suo capocomico Lapy, suonatore di violino, che era zoppo. « Parea Vulcano, che avesse presa la Beffami per moglie », esclama il Piazza. Ella « morì in Brescia, unita alla Compagnia del Lapy, della quale non mai si divise, e ciò fu la Primavera dell’anno 1780 », conclude il Bartoli. Seconda donna era Anna Girelli, Piacentina. « La sua figura era piuttosto leggiadra, e gentili sono le sue sembianze », dice il Bartoli; ma come attrice la trova soltanto « sufficente »."‘ Servetta era un’indiavolata Veneziana, Anna Moretti, che il Lapy aveva scritturata nel 1774 per il Teatro Sant’Angelo. « Fu apprezzata in lei una spiritosa bellezza, e un presentarsi pieno di foco con tutte le altre qualità òhe la fanno pregevole ornamento ».67 Ultima della schiera femminile era Angiola Lapy. Le Maschere erano : Giulio Minelli, Veneziano, era Pantalone: aveva una pantomima naturalmente graziosa ed era un gran lazzista;58 ma era nemico dello studio; il Martelli sosteneva la parte del Brighella, come detto e il Lapy quella del Dottore. Arlecchino era Bortolo Sperindio, che « fu spiritoso nella sua Maschera », ricorda il Bartoli, « per essere d’un naturale lepido, e pronto nelle risposte, e ne’ sali faceti ingegnosissimo ». Lasciato il Lapy, si mise a capo di una compagnia di « guitti » e pensò di costruire, assieme a Gaetano Simonetti, un teatro nel cosidetto stallone di Padova. Ma dev’esser morto durante le trattative, perchè, secondo il Bartoli, « giunto in Venezia la Quaresima dell’anno 1778, ivi tocco da apo-