4o 1763 vorno, Giacob Aghib : stampò cioè che avendo eseguita una cantata assieme al Veroli e al Covucci, essi « riscossero un generale applauso per la bravura non tanto con cui la eseguirono, quanto per la buona musica ».41 Il Nazolini, goriziano, da ultima parte nelle opere serie era passato alle parti buffe, con fortuna certamente, perchè torna spesso a Venezia fra il 1765 e il 1779. Il Bianchi, invece, dovette adattarsi ancora alle ultime parti al S. Samuele (1763-64), ed ebbe la soddisfazione di presentarsi come buffo sulle stesse scene appena nel 1781. Nel 1788 venne scritturato per il Teatro del Principe d’Esther-hàzy.42 Buono doveva essere il ballo. Coreografo era Gaetano Pacini di Pescia, avo del compositore, il quale era stato destinato pure al culto di Tersicore.13 Nell’estate dello stesso anno Gaetano aveva danzato assieme al fratello Francesco al Teatro Marsigli Rossi di Bologna.44 La Conti che già nel 1754 troviamo prima ballerina al S. Moisè, danzò a Venezia fra il 1746 e il 1775 una decina di volte, cambiando spesso di nome (detta de Sales, Dessales, detta la Russien, De Sales Terrades, Terrades). Pure a Venezia ballò la Stacchini « fuori concerto » al S. Samuele, l’autunno del 1763.45 Ritroviamo tutti gli esecutori, con l’aggiunta di due figuranti, nel carnevale del 1763. Il cartellone annunzia un avvenimento importante : un’opera scritta espressamente per il Teatro di S. Pietro, L’amore in libertà,46 musicata da Giacomo Notte, maestro di cappella di Trieste, agli stipendi del Comune e insieme della Cappella di S. Giusto. Il libretto tace il nome del poeta, ma lo lascia indovinare da alcune parole della dedica: « Cosa poi infatti sia tutto il Dramma, noi non ardiremo di dirlo, perchè lo stesso Celebre Autore per altrui detto lo dichiarò per una Bizzaria Teatrale ». Il « Celebre Autore » è il Goldoni e il libretto è quello de L’Amore in caricatura, rappresentato due anni innanzi al Sant’Angelo, con musica del Ciampi.'17 Nella primavera passò per Trieste il « rinomatissimo signor Cavaliere Cristoforo Gluck », com’era stato stampato a Bologna, quando a quel Comunale venne dato 11 Trionfo di Clelia (14 maggio). Ma l’opera fu trovata « si poco plausibile e popolare, come scrisse il P. Alfonso di Maniago,48 dhe ci è fino stato chi la paragoni ad un Ofifizio da morto da cantarsi in Chiesa. Appena fatte le prime recite, egli partì di qua, ben provveduto di bezzi, perchè la sua mercede è