la Sig. Bertinotti ».6T L’articolo 18 diceva inoltre: « pagheranno alla Cassa de’ Poveri Zecch. 60 cioè £. 270. per Carnovale ed Autunno dell’anno 1799 e Zecchini trenta o sia f. 135 per il Carnovale 1800 non meno daranno una rappresentazione seria, ed una buffa a favore dell’istituto de’ Poveri ». Gl’impresari prestarono « una cauzione di f. 3000 del Sig. Giorgio Plasterà... per la manutenzione del contratto ».68 Il contratto scadeva con la quaresima del 1800; ma in seguito alla domanda dei nuovi impresari, che già da principio avevano chiesto l’appalto « sino all’apertura del nuovo teatro », venne prorogato « sino l’autunno 1800 onde aprofittare delle stagioni di dopo Pasqua e dell’estate » (22 settembre 1798). In autunno si contava d’inaugurare il Teatro Nuovo; ma per un ritardo nella fornitura di pietre lavorate, si dovette rimandare l’apertura alla primavera. Bisogna convenire che dopo tanto tentennare, le cose procedevano alacremente. In data 22 gennaio 1798, lo Zinzendorf registrava sul suo Diario : « Tomassini de Trieste vint me parler de son projet de Theatre. La ville doit lui donner f. 6000 par an pendant années, en revanche le theatre sera à la ville, qui en tirera jusqu’à m/32 florins. Lui Tomassini empruntera f m/100 et payera f m/5 d’intêrets, mais le loyer de la salle, des bals, de la bourse lui en vaudra aussi f. m/12 »; e sotto il 6 febbraio: «Projet de Tomasini de bâtir un nouveau Theatre à Trieste en face de la mer et de l’ancienne douane et du mole St. Charles ». « Il 13 febraio 1798 la Cancelleria aulica aveva accordato al negoziante e console del Granducato di Toscana, Gian Matteo Tom-masini, preferendolo a tutti gli altri richiedenti, il diritto d’erigere un teatro; ma su nuovo disegno da prodursi, non potendo approvare quello del conte Steinlein Capo della cesarea regia Direzione degli edifizì, perchè conteneva degli essenziali difetti... L’ix giugno 1798, accettati i piani dell’architetto Giannantonio Selva, che nel 1792 aveva costruito il teatro Fenice di Venezia, il Magistrato, vincolando il Tommasini a non rivolgere mai più l’edificio ad altro uso, s’impegnava per la città, a pagare in perpetuo, annui fiorini 6400, a titolo di canone enfiteutico. « Il 4 luglio Gian Matteo Tommasini vendette al conte Antonio Cassis-Faraone il suo diritto, obbligandosi di portare a compimento la fabbrica, secondo i piani esibiti, per la somma di 175.000 fiorini ».M