93 concert de hautbois »; Scipione Nardi diede un saggio della sua valentìa come violinista, « et l’acteur Hornung chanta assez mal ». Questi concerti domenicali durante la quaresima, a poco a poco, divennero un uso, e gli artisti avevano cura di assicurarsi tali beneficiate nel contratto. Ma se il conte de Zinzendorf, uomo d’idee liberali, e il barone Pittoni, ammiratore degli enciclopedisti, permettevano che si aprisse il Teatro in tempi proibiti, le Autorità ecclesiastiche, risolute a non far concessioni, erano pronte a denunciare tutte le infrazioni alla religiosissima Imperatrice. Il 17 marzo furono affisse nuovamente le ordinanze, con le quali « s’intimava la più stretta osservanza dei giorni domenicali e festivi con tanta maggior severità, in quanto la Sua Ces. Reg. Apost. Maestà, nella di lei suprema (allerhöchste) religiosità innata, non era ulteriormente disposta ad indulgere gli abusi, introdottisi di quando in quando, ma intende dhe le prescrizioni già pubblicate su quest’im-portantissimo oggetto vengano eseguite, sotto pena dei comminati castighi ».45 Lo Zinzendorf andò per una decina di giorni a Venezia e tornò a Trieste il 2 aprile. Il barone Pittoni rimase intanto a sbrigare la parte più ingrata dell’amministrazione teatrale. Niente spettacoli, niente belle donnine, ma revisioni di conti, seccature, reclami. Così il ricorso di Nicolò Ronner & Comp., caffettieri al N. 555, che chiedevano « risarcimento almeno in parte dei 200 Zech. sborsati alla Cassa Teatrale per la compreda del decreto di caffetteria, atteso la cessazione della privativa avanti l’anno 1780 » ; ma esso venne respinto il i° marzo, ricordando che « Essi stessi spontaneamente dichiararonsi assenzienti che abolita venga la restrizione del Numero delle Caffetterie di questa Città ». Il Pittoni di più faceva notare ch’essi non avevano « osservati nè gli ordini, nè i Regolamenti ».“ Per la solita stagione di commedia venne la compagnia di Giuseppe Lapy. Nel romanzo satirico II Teatro la troviamo descritta con poca amabilità. Del capocomico, è detto dh’era « Bolognese, uomo assai famoso per sordidezza della sua avarizia, e per la sua temerità di metter mano negli altrui scritti. Barbiere di professione, passò dalla bottega al Teatro, mettendosi la maschera del Dottore, perchè' sapeva parlar Bolognese. ... Magro quanto il digiuno, con la faccia secca, e intagliata, affettando