privati, su que’ teatri spesso sontuosi, ma sempre ambulanti, che si trasportavano di città in città dalle nomadi turbe de’ comici ». Le compagnie più ricche possedevano teatrini trasportabili, detti carros in Ispagna. Le notizie incominciano appena nel sec. XVI, quando cioè il Comune diede loro « il suggello ufficiale, facendole in palazzo e a proprie spese ». Cosa non insolita, del resto; a Padova si erigeva il palco per le recite nel Palazzo del Podestà o in quello del Capitano o nella Sala della Ragione; a Bologna, a Benevento, nel Palazzo pubblico; a Faenza, nell’antico Salone detto del Podestà; a Pisa, nel Salone della Dogana; a Sinigaglia, nc\Y Àula magna del Municipio; a Zara, nella Sala Pretoria. Il Palazzo di Città, innalzato presumibilmente nel tempo che il Comune ebbe la sua piena autonomia (1252), era situato sulla Piazza, partendo da dove oggi sorge l’edificio delle Assicurazioni Generali verso la metà dell’odierna Piazza dell’Unità. Nel 1295 era stata aggiunta la torre detta del Mandracchio o del Porto, segno visibile di alta giurisdizione; poi, dall’altra parte, una nuova ala con finestre binate a sesto acuto. Nel 1356 si collocò sulla torre un orologio con due figure di bronzo, le quali battevano le ore e che per il loro colore furono battezzate i mori di piazza. I due edifici (il vecchio a sinistra della torre e il nuovo a destra) erano costruiti in pietra grigia con le parti decorative bianche, ed erano abbelliti da merlature alla guelfa. Sotto i portici vi erano stazioni (botteghe) che venivano date in locazione. Secondo il Caprin, due grandi sale si spartivano la parte superiore del palazzo: in una si raccoglieva il Consiglio Maggiore, nell’altra, forse, si erigeva un palco provvisorio per le rappresentazioni.1 « Nel 1525 fra le spese del cameraro si notano: adi... penultimo feuraro dadi a fachini furlani et a li offi-tiali portareno travi taule cedroni per la comedia - Lire 1, soldi 1 ». E poi : « Item dadi a ser Arzentin per spago per la comedia - Lira 0, soldi 5 »... Da’ libri di consiglio del 1531 vediamo che il Comune non pagava sempre i comici, ma che dava loro talvolta una sovvenzione per le candele di sevo e per la cera necessaria alla rappresentazione in palazzo. Nel 1533 si nota: «Item dadj alj bastasj per aver portato in palacio trauj 25 e di poj indrio zoso quando fo la comedia - Lire 1, soldi 5». Nel 1534: «Item dadj de commission delj Signori Judici per torze de cera et candelle de seuo per la