CARLO L. CURIEL Casanova ci aveva avvicinato: ci eravamo conosciuti per corrispondenza, scambiandoci qualche informazione intorno ad argomenti di studio comune. Così che quando ci incontrammo per davvero fu come se avessimo il giorno prima troncato un colloquio. L’uomo era come lo dicevano i suoi scritti: lo studioso che niente chiede per se, tutto da all’indagine, e che dello studio fa la gioia più perfetta della sua giornata. Pochi fra i lettori di un saggio storico sono in grado di intuire la lieta fatica che il lavoro è costato all’autore, di apprezzare la soddisfazione che questi ha provato nello scoprire il documento che precisa o corregge una data o un nome, di comprendere perche l’erudito abbia condotto una ricerca per lunghi giorni, per mesi, per anni, pur di controllare la verità di un racconto o chiarire i punti oscuri di una biografia. Minuzie parranno queste a qualcuno, ma è invece dedizione purissima agli studi, ricerca del vero al di fuori delle gloriòle dei singoli. Le grandi sintesi critiche o storiche si fanno proprio attraverso i contributi frammentari. La scomparsa repentina e inattesa di Carlo Curiel lasciò un vuoto fra gli studiosi che lo stimavano come un dotto collega. Egli era venuto al mondo della cultura per sua personale inclinazione, da un ambiente abitualmente lontano dall’erudizione letteraria o storica, quello delle banche, ma forse il contatto con le cifre gli aveva suggerito la precisione con cui egli conduceva le sue indagini fra una selva di date o di numeri di buste d’archivio. Entrato da giovane nella Banca Union e passato poi alla Banca Commerciale Triestina, Carlo Leone Curiel vi dirigeva per ultimo l’ufficio stampa. Lasciò il mondo bancario quando, poco dopo fusa la Banca Triestina con la Commerciale Italiana, egli ottenne la collocazione a riposo. Quella