ma possiamo rappresentarci, sopratutto nella cappella del Doge, sotto la finestrella donde non visto ascoltava la messa, lo splendore del contiguo palazzo, nelle cui sale, dorate come furono poi sempre, la dogaressa del Selvo, Teofane, nipote dell’imperatore bizantino (ioji-ioSj), macerata dai profumi faceva tagliare dai suoi eunuchi le vivande e, scandalo enorme pei Latini, le toccava solo con la forchetta d’oro. Ma, dopo le tirannie tempestose dei primi secoli, il Doge, fosse pure un Enrico Dandolo (1192) prossimo alla conquista di Costantinopoli , uscendo consacrato con lo stendardo dalla Chiesa, doveva, prima di salire in Palazzo, fare, sotto il segno della Giustizia, patti chiari con i rappresentanti del Comune 0 Popolo delle Venezie ; e i patti scritti doveva il Doge giurare, promettendo di essere il capo della Repubblica patrizia senza diventarne il padrone. Così si venne formando quella mirabile costituzione veneziana che serberà la pace interna e conquisterà l’imperio. Ben sicura e potente si sentiva già Venezia quando Abito bizantino del Doge (Dai mosaici di San Marco Sec. XIII).