IL "LEONE,,, DEL CARPACCIO, NELL'APPAR- TAMENTO DEL DOGE. «San Marco in figura di lion » si vedeva dipinto in parecchie magistrature di Palazzo e di Rialto; nell’Avogaria de Cotnun, nel Tribunale della Bestemmia, nel Magistrato del Proprio e dove si pagavano gravezze ai Camerlenghi. Era il più severo segno dell’inconcusso dominio veneziano in terra e in mare. L’apocalittica fiera alata valeva meglio, così da sola, senza il buon Evangelista che pare mansuefarla quando l’accompagna, ad incutere un salutare terrore. Spoglia di umanità, appare angelica e bestiale insieme. Ne troviamo qui due, fuori di posto veramente, a coprir le vuote pareti di questa e della stanza seguente, dell’appartamento del Doge: il « leone » di Jaco-bello del Fiore firmato e datato 1415, e, proprio un secolo dopo, questo del Carpaccio del 1515. Portano entrambi in basso gli stemmi dei magistrati allora consorti nell’ufficio: il primo tre, quanti erano i pubblici accusatori dell’Avogaria; il secondo, cinque. Più severo e più imponente, l’antico è ancora uno stemma araldico e tuttavia il leone par vivo, superbo di contenuta ferocia, e domina sullo sfondo grandioso del mare, del cielo e del monte rossastro. Quest’altro riesce più umano, quasi diminuito dall’attraente verità del paesaggio, per quanto sostenuto dal fàscino del Carpaccio, che fa parer vere le favole. Sulla terraferma, dove la belva venuta dal mare, come la potenza veneziana, approda, il capriccio dell’artista fa sbocciare presso il bosco le agavi ed altre belle piante selvatiche. Dal mare, attraverso i castelli del Lido, entrano a gonfie vele le galeazze di mercanzia, e i marinai già salutano il campanile, dove in alto il leone dorato spicca su! fondo azzurro. Palazzo Ducale coi finestroni traforati ride nella rossa luminosità del broccatello. Alla riva sulla nave parata come quattrocentesco Bucintoro, e sulle antenne di Piazza, fiammeggia la porpora delle bandiere.