LA SALA DEL SENATO. Una macchina sola muove due orologi: quello con le quattro bellissime stagioni del Tintoretto nel Collegio, e altro, qui in Senato, sulla rispondente faccia, tra le barocche cariatidi. I reggitori dello Stato, e il Senato, che ne era 1 arbitro, dovevano concordare in tutto, a cominciare dalle ore. L assemblea venerava anche qui sul trono il Doge, e a lui solo e ai suoi Consiglieri e ai Savi grandi, eletti dal Senato, riservava di proporre e mettere ai voti la ecisione da prendere su gli argomenti già elaborati in ollegio. Sul grande palco sedevano coi Savi, gli Avoga-ori e i Capi dei Dieci, in toghe rosse, ed erano presenti i rocuratori, i Quaranta e tutti i principali magistrati. Senatori, sessanta prima - detti Pregadi, perchè chiamati e pregati per ogni adunata - poi raddoppiati coi sessanta della « Giunta », ma tutti uguali e nominati anno per anno dal Gran Consiglio, sedevano qui, vestiti di porpora, con romana imponenza. L’assemblea, ammirata a etrarca, la prima tutta laica dei tempi nuovi, P0' e\a senza iattanza, come i chiaroscuri tiepoleschi del trono, bene rievocare Demostene e Cicerone. L’antico arnese, ri atto nel Settecento, ci è rimasto coi doppi sedih> e la tribuna per gli oratori. Deliberazioni e lettere, lette qui insieme con le famose relazioni che ogni ambasci2' ore della Repubblica recitava al suo ritorno, sono ogg> onte di quotidiane gustosissime documentazioni per tutta la stona di Europa. La parola era dentro liberissima a tutti, ma nessi"13 paro a oveva uscire dalle porte. « Tenere in coscienza *> icevano gli Avogadori e ripetevano i Dieci; e sugge fi«31!0 a °cc^le* ^ il Carmagnola seppe della condan,j‘ a a a tempo, nè l’ambasciatore francese seppe de nrHu C°r' .Carlo Vili, nè Lodovico il Moro della tfan in £*UI' °^n‘ sono esempi famosi. «Tene cienza»: e, passata la porta, tutto svaniva.