LA SALA DELLA BUSSOLA.
  Confortevole, foderata come un coro, con lunghe panche e col camino sansovinesco (1554), la stanza, nè per la bussola nera sormontata dalla Giustizia con le bilancie, la spada, e la corona d’oro, e lo stemma Qrimani (1595-1606), nè per lo sportello della bocca del leone, che si apre a mostrare come si ricevessero le segrete denunce, nulla avrebbe di tetro, se non fossero i neri ricordi. Bellissimo anzi sarebbe il soffitto tutto di Paolo, anche nei chiaroscuri, se non l’avessero accecato, e l’occhio di vetro di una copia non sostituisse il luminoso « San Marco », volante michelangiolescamente sull’angelo e le tre Virtù. II Bona-parte lo portò al Louvre.
  Trascurabili, o quasi, sono le tele secentesche con la resa di due città, forse Bergamo e Brescia, e non meno fiacco di pittura il quadrone votivo del doge Leonardo Donato (1606-1612), che forse lo fece metter qui in segno di gratitudine ai Dieci, che lo sostennero nella terribile lotta contro papa Paolo V Borghese e l’interdetto. Al vicario del vescovo di Padova, che pretendeva regolarsi secondo l’ispirazione dello Spirito Santo, avevano fatto sapere i Dieci che già lo Spirito Santo li aveva ispirati ad impiccare chiunque disobbedisse. Simili messaggi e inviti fatali mormorava, partendo di qui, il Fante dei Capi che solo, senz’armi, dominava tutta Venezia. Entravano qui misteriose le spie ad informare i Dieci di tutto quanto avveniva nello Stato; ed erano ben altrimenti ascoltate delle denunce segrete, cavate dalla bocca del leone.
  Era già un supplizio invitar qui taluno, e tenerlo seduto, in attesa d’esser chiamato a discolparsi, a guardare intanto la bussola, che da una porta mette alla suprema stanza dei Tre Capi e dall’altra alle scale che salgono alla camera della tortura, poi, sotto il tetto, ai Piombi, e scendono giù ai Pozzi e al Ponte dei Sospiri. Spesso, dopo qualche ora d’attesa, Io si licenziava senz’altro, e la lezione bastava.