GLI “ STREGOZZI„, DI GEROLAMO BOSCH, NELL'ANDITO AL CONSIGLIO DEI DIECI. Già le guide del Seicento ricordano qui, in questo andito, gli stregozzi di Gerolamo Bosch (1450-1516) « singolare, anzi divino » nel rappresentare strane apparenze, spaventosi voli e orridi sogni. Egli precorre il cosidetto Civetta, il vecchio Breughel, e tanti altri caricaturisti nordici, e persino, nel suo sadismo, Feliciano Rops, mostro iniquo. Comprendiamo quanto lo amassero in Ispagna, alla corte di Giovanna la Pazza e di Filippo il Bello, che gli aveva fatto dipingere il Giudizio universale con un Paradiso e un Inferno che sarà stato simile a questa nostra « Città di Dite » piena di supplizi. Riproduciamo anche, dei due trittici, già portati via da qui e dopo la guerra restituitici da Vienna, entrambi firmati dal maestro e ritenuti fra le più belle delle sue opere, quello delle «Tentazioni dei santi eremiti» con impressionanti evocazioni di mostri quasi fungosi. Gli artisti nostri, a cominciare da Michelangelo, le dicevano cose da frati e da pinzocchere, eppure di coteste fiam-mingherie tutti si dilettavano anche in Italia. Il Michiel ricorda a Venezia, nelle case nobili, molti consimili capricci, e presso il cardinale Grimani, col Breviario famoso, un « Inferno » del Bosch con gran diversità di mostri, e le tele dei Sogni e della Fortuna. Probabilmente i Dieci, avuti i quadri in dono, li posero qui unicamente per decorare l’andito che dal Senato mette alle loro sale; ma noi pensiamo che se taluno, chiamato a discolparsi, faceva qui nell’attesa l’esame di coscienza, dovesse sentire dentro di sè una specie di incubo che assomigliava a questo suscitato da tali quadri del Bosch. « Sotto i Diese xe tortura, sotto i Tre xe sepoltura », diceva il popolo. Esagerazioni: ma chi era preso per reo spesso non poteva difendersi e doveva attendere o la libertà o la morte. I Dieci, e più fra loro i Tre Inquisitori, volevano essere temuti.