LA SALA DELLO SCUDO. Dalla Scala d’oro, o per la stanza degli Scarltli, o per l’altra chiusa degli Scudieri, si entrava nella grande anticamera dell’appartamento ducale. Vivo il Doge vi stava esposto il suo scudo (d’onde il nome), che, dopo la sua morte, era appeso in San Marco (v. Tav. 28). Morì nel 1797 la Repubblica, ma non morì doge, come doveva, Lodovico Manin, e il suo stemma è ancora qui tra gli allibiti scudieri settecenteschi. Questa era già detta la Sala delle mappe, per le due celebratissime carte geografiche del mappamondo e dell’Italia di prete Antonio de Lombardi (1485). I Veneziani ebbero sempre ai loro stipendi i migliori cartografi, e in Senato volevano nel 1580, in luogo di pitture, mettere i quadroni di Cristoforo Sorte veronese, con disegnato tutto lo Stato. Un nobilomo del Quattrocento, vedendo un giorno un mappamondo nuovo, chiese, si racconta, al cartografo dove fosse Venezia; e vedutala ridotta a poco più di un punto, a quei che si scusava di averla segnata così in proporzione del mondo: «Dovevi far el mondo piccolo», sentenziò, « e Venezia granda ». Ma le proporzioni non sono solo di spazio. Nelle ampie carte vediamo qui oltre il Mediterraneo, l’Asia, l'Africa, persino le coste americane; eppure non è qui raffigurato il mondo, ma Venezia che lo scopre e se ne gloria. Le meraviglie dell’estremo oriente rilevate da Marco Polo (1298), il formidabile mondo mussulmano descritto da Marino Sanudo il vecchio (1270-1343), la Siria, l’Armenia, la Persia misurate dagli Zeno e la Russia da Qiosafat Barbaro, le scoperte di Alvise da Mosto nel Quattrocento, le « Navigazioni » raccolte dal Ramusio e poi pubblicate nel Cinquecento: tutto è qui nelle carte che nel 1762 il Grisellini finì di ricopiare dalle antiche, con tante iscrizioni e figurette tiepolesche del Menescardi. Anche la geografia era vecchissima arte veneziana.