IL PREZIOSO RICAMO DELLA SCALA E DELLE FACCIATE INTERNE. 11 marmo della Scala pare avorio finissimamente inciso, e paiono le lastre di marmo greco riaccostate, fra le classiclieggianti finestre sul cortiletto dei Senatori, un parato di seta con le sue pieghe, sotto le borchie degli stemmi e dei porfidi. Brilla talvolta ancora qualche pulviscolo d’oro, dopo le grandi pioggie, su gli infiniti ornamenti del Palazzo del Principe. Un tempo tutti ne erano coperti, e i fregi delle trabeazioni dovevano parere finissimi ricami dorati sparsi di gemme, coi preziosi tondi portati dai festoni, o innestati tra il fogliame, come nel secondo fregio, che è più denso e più fine, con bellissimi vasi e figurette nude e cavalli marini. Tutta una filigrana d’oro era la facciata, coi pilastrini delle finestre ornati da candelabre, e le colonne fasciate di finissimi intagli, e i riquadri con intrecci e festoni a regger dischi di porfido e granito o gli stemmi gloriosi dei Barbarigo. Parve enorme nel 1496 la spesa di novantasettemila ducati, dal principio dell’opera (14S4); e Antonio Rizzo fu accusato di averne rubati più di diecimila e fuggì. Forse fu colpevole solo di larghezza nell’assicurarsi i migliori tagliapietra lombardi che, quasi per un ventennio, dominato dalla magnificenza di Agostino Barba-rigo (1486-1501), condussero senza tregua l’enorme ricamo sulla pietra dura, fatta preziosa anche senza più l’oro, a cominciare dai capitelli così vari e belli sopra i pilastri ottagonali in basso, sino sù al fregio con le teste dei leoni sotto il gocciolatoio. Della policromia restano gli incassi neri a niello sopra le prime finestre, ripetuti nell’alzata dei gradini della Scala, che, così prossima alla vista, molto si giovava dell’oro e dell’azzurro sui pilastrini. Ivi la lievità dell’intaglio fa parere persone e cose come dondolanti pendule da fili. Mai si vedrà squisitezza maggiore di materia e d’opera.