L’ANTICOLLEGIO. Fra le statue simboliche delle quattro porte palladiane, astruse invenzioni dell’immaginifico Cinquecento, sull’ingresso all’Anticolleglo troviamo, con 1’« Eloquenza» e la «Vigilanza», una personificazione che vorremmo in ogni pubblico ufficio: la « Facilità dell’udienza», bella donna, con una ruota, investita e denudata dal vento, opera di Alessandro Vittoria. Ma era amaro sarcasmo averla posta lassù per gli ambasciatori, sia pure delle grandi Corone, che talora si impazientivano e si sdegnavano, perchè, richiesta e ottenuta l’udienza, all’ora fissata dovevano, in questa sala dell’AnticolIegio, aspettare non meno di un quarto d’ora prima di essere ricevuti. Con la solita bonomia veniva loro fatto osservare - ce Io racconta il Saint-Disdier nel suo libro del 1680 - quanto l’attesa riuscisse loro vantaggiosa: bisognava (colpa di quella scala ripidissima!) dar tempo che riprendessero fiato e racco-gliessero le idee. Infatti un giorno l’ambasciatore di Spagna era corso dentro difilato, ma davanti alla maestà del Doge si era trovato senza flato e senza parole.... Perchè non godere un pochino 1’« Europa» di Paolo, o i Tintoretto, o, a non distrarsi troppo, quel Jacopo Bassano così divertente con le pecore e le secchie lucenti? L’ambiente era confortevole. Sopra il grande camino di Tiziano Aspetti, coi membruti giganti e il mirabile basso-rilievo della « Fucina di Vulcano », ardevano d'inverno i ciocchi delle quercie istriane. Bello, tra gli stucchi di Marco del Moro, l’affresco, ora rifatto, del Veronese. Ma gli occhi andavano impazienti alla porta, della quale non so se altra mai sia esistita, per preziosa materia e gravità classica, più imponente, opera probabilmente del Rusconi, rivale del Palladio, col fregio bellissimo, candido tra i marmi cupi, e sopra distese le statue michelangiolesche del Vittoria. La porta, che ha le antiche chiusure, s’apre alfine. Appare la magnificenza del Collegio.